
Circa 120 milioni di anni fa c’è stato sulla Terra un evento di deossigenazione degli oceani, un fenomeno detto anche anossia. Secondo un team di ricerca dell’University of British Columbia (UBC) e dell’Università di Hong Kong (HKU), questi eventi furono in realtà più rapidi di quanto calcolato in precedenza.
Vulcani aumentarono anidride carbonica nell’atmosfera
Secondo quanto spiega Kohen Bauer, uno dei ricercatori responsabili dello studio, tra i fattori che portarono alla deossigenazione degli oceani ci fu il riscaldamento delle stesse acque molto probabilmente causato, a sua volta, dall’attività vulcanica, in particolare sottomarina, durante il cretaceo. Questi fenomeni, infatti, alzarono il livello di anidride carbonica nell’atmosfera.
Questo evento, denominato “evento anossico oceanico 1a” (OAE1a) e avvenuto durante il primo aptiano, a sua volta, portò alla nascita di diversi “zone morte” negli oceani. Il tutto avvenne in poche decine di migliaia di anni, all’incirca 30.000 secondo i ricercatori.
Sta accadendo anche oggi
Questi stessi meccanismi, secondo il ricercatore, sono importanti da studiare perché anche oggi stiamo vedendo un certo livello di deossigenazione degli oceani e un’espansione delle zone morte marine. Oggi, però, a rilasciare anidride carbonica nell’atmosfera non sono tanto i vulcani quanto la società umana.
È sempre più chiaro, infatti, che furono i fenomeni vulcanici a scatenare il rapido processo di anossia oceanica in questo periodo e non tanto, come creduto in precedenza, i cicli dei nutrienti oceanici.
Forti perturbazioni del clima e ricambio biotico
In effetti circa 120 milioni di anni fa diverse e vaste regioni degli oceani cominciarono a diventare anossiche, una condizione che poi è durata quasi 1 milione di anni. Queste condizioni oceaniche portarono a forti perturbazioni del clima e ad un ricambio biotico.
Sistema Terra molto sensibile a cicli biogeochimici
Tramite nuovi metodi geochimici e nuove analisi dei sedimenti di paleo-oceani come il Tetide e l’antico Pacifico, i ricercatori hanno dunque cercato di comprendere con più dettaglio questo evento anche per capire quanto è sensibile il sistema Terra alle perturbazioni dei cicli biogeochimici globali e del clima, fattori molto importanti in questo periodo.
Lo studio è stato pubblicato su Geology.[1]