I ricercatori dell’Universitat Autònoma de Barcelona (UAB) hanno ottenuto nuove importanti informazioni riguardanti l’allevamento e la riproduzione di quelli che possono essere considerati come i primi ovini addomesticati del Mediterraneo occidentale nel corso del neolitico. I risultati sono arrivati tramite le analisi su resti di animali scoperti nel sito della grotta Chaves a Huesca, area dei Pirenei centrali, in Spagna.[1]
I ricercatori confermano che gli esseri umani già in quest’epoca modificavano i cicli naturali delle nascite di questi animali per influenzarne la fisiologia e aumentare i periodi di fertilità. Si tratta della prima traccia di modifiche dei ritmi produttivi stagionali delle pecore effettuate da esseri umani.
I resti analizzati dai ricercatori risalgono ad oltre 7500 anni fa. Secondo quanto rivelano i ricercatori, l’alterazione dei ritmi di riproduzione stagionali di questi animali è stata una pietra miliare enorme per le società umane.
Queste modifiche hanno reso l’accesso alla carne e al latte disponibile per tutto l’anno, una cosa che già da sola avuto un impatto enorme su aspetti fondamentali quali dieta, economia e in generale organizzazione sociale, e che ha gettato le basi per le prime comunità agricole e per l’allevamento.
C’è da specificare, come ricordano i ricercatori, che il primo addomesticamento delle pecore non è accaduto nella penisola iberica. Le prime tracce dell’addomesticamento della specie Ovis orientalis possono essere trovate nell’Asia sudorientale e in quella centrale. Sorprende, però, secondo i ricercatori, la velocità con la quale questo tipo di addomesticamento si è diffuso in varie aree del mondo, fino in Europa.
Un’adozione di successo molto veloce dei metodi di allevamento delle pecore che dimostra che queste metodologie erano già in uso precedentemente al periodo al quale i reperti analizzati dai ricercatori in questo studio fanno parte.
“Le pressioni selettive applicate alle specie erano artificiali, perseguivano obiettivi specifici ed erano ben definite. Questa nuova evidenza rappresenta un punto di svolta nella ricerca sull’addomesticamento degli animali e sulle origini della zootecnia”, spiegano i ricercatori che hanno pubblicato il proprio studio sul Journal of Archaeological Science: Reports.[2]