
Agevolare nel tessuto adiposo il processo dell’autofagia, un fenomeno a livello cellulare che avviene anche nel corpo umano e che serve per scomporre e poi rimuovere molecole e componenti non necessari, potrebbe servire per contrastare meglio il diabete, trattando la resistenza all’insulina, secondo nuovo studio pubblicato su Cell Reports.[2]
L’autofagia è un processo naturale che serve perlopiù per rimuovere proteine non più efficienti o mal ripiegate così come vari altri componenti tra cui organelli danneggiati. Un regolatore importante di questo fenomeno è la proteina Beclin 1 (BECN1) che, almeno di solito, viene attivata solo in condizioni di stress, condizioni che possono essere causate, per esempio, dalla mancanza di ossigeno oppure di nutrienti. Una volta attivata questa proteina, comincia il processo dell’autofagia e le strutture cellulari non più funzionali vengono riciclate.
Gli scienziati che hanno realizzato questo nuovo studio, guidati da Congcong He, una professoressa di biologia cellulare e dello sviluppo, già in uno studio precedente avevano fatto interessanti esperimenti sui topi nei quali la Beclin 1 era stata ingegnerizzata e modificata per migliorarne la funzione. Questi topi mostravano di vivere più a lungo e di ritardare l’invecchiamento in importanti organi come il cuore e i reni. Inoltre questi topi si mostravano più sensibili all’insulina ed intolleranti al glucosio.
“Non possono eliminare il glucosio, un fenotipo simile a quello del diabete di tipo 1, ma rispondono meglio se gli si inietta l’insulina”, spiega la ricercatrice. “Hanno difetti di conservazione dell’insulina, ma non abbiamo capito perché fossero più sensibili all’insulina”. [1]
Proprio per capire questa discrepanza i ricercatori hanno realizzato un nuovo studio scoprendo che Beclin 1 è in gran parte legata ad altre molecole inibitorie e che, per una serie di motivi, migliora la sensibilità all’insulina. I ricercatori scoprivano inoltre che l’attivazione di Beclin 1 nonché la produzione di adiponectina nelle cellule adipose aiutava i topi con diabete ad essere più sensibili all’insulina.
“È probabile che i tessuti metabolici come il grasso siano più sensibili all’autofagia rispetto alle cellule B che immagazzinano insulina, quindi l’idea è che se digiuni in modo intermittente o ti alleni, può attivare l’autofagia nel grasso prima di altre parti del corpo ed essere metabolicamente benefico”, spiega ancora la He.
Si tratta di un collegamento interessante che, in ogni caso, andrà sicuramente approfondito con ulteriori studi, magari condotti anche sugli umani.