I livelli di gravità delle reazioni allergiche al polline di ambrosia possono variare anche in base al luogo di origine della pianta nonché al livello di inquinamento ambientale secondo uno studio realizzato da ricercatori dell’Università di Vienna e dell’Università delle Risorse Naturali e delle Scienze della Vita Applicate.
reazioni allergiche umane al polline dell’ambrosia
I ricercatori hanno analizzato gli effetti delle reazioni allergiche umane al polline dell’ambrosia (Ambrosia artemisiifolia). Il polline di questa pianta, infatti, può provocare cosiddetto “raffreddore da fieno” nei soggetti sensibili e in alcuni casi può portare anche all’asma. Le reazioni allergiche a questo polline non sono per nulla rare visto che, come spiega il comunicato dell’Università medica di Vienna, solo in Europa ne soffrono più di 33 milioni di persone. La popolazione di persone allergiche al polline di ambrosia, tuttavia, potrebbe aumentare fino a superare 77 milioni di persone solo in Europa entro il 2060 a causa del riscaldamento globale. Si tratta di un onere pesante per la sanità pubblica in Europa. La stagione che vede il rilascio del polline di ambrosia inizia ad agosto e si estende fino all’autunno ma, con il riscaldamento globale in corso, questo periodo si sta allungando in quanto le temperature più calde tendono a durare sempre di più.[1]
Esperimenti sui topi
I ricercatori hanno realizzato degli esperimenti sui topi sviluppando un modello di allergia simile a quello umano al polline delle piante di ambrosia. Hanno raccolto pollini prelevandoli dalle piante di varie località geografiche. Innanzitutto scoprivano che anche una quantità minima di polline, all’incirca 180 granelli, può scatenare una reazione allergica. Si tratta di una quantità davvero bassa, inferiore anche a quella che si può trovare nell’aria durante il periodo di fioritura. Tuttavia la scoperta più interessante forse risiede nel fatto che i livelli di gravità delle reazioni allergiche sembrava dipendere dalla località così come dai fattori ambientali. Infatti le temperature più elevate sono comunque dettate dai livelli di inquinamento atmosferico e questi ultimi, anche se indirettamente, tendono a prolungare la stagione di crescita aumentando la diffusione della stessa pianta e quindi la quantità di polline nell’area.
I ricercatori non trovavano una correlazione tra il contenuto di Amb a 1, l’allergene principale della pianta, con la gravità delle condizioni derivanti dalla reazione allergica.