Una massa enorme di dati fu elaborata dal Large Hadron Collider del CERN, nel contesto dell’esperimento del Compact Muon Solenoid (CMS), nel corso del 2010. Si parla di ben 29 terabyte di dati che furono ottenuti nel corso di 300 milioni di collisioni individuali di protoni ad alta energia all’interno dell’acceleratore.
Per la prima volta, questi dati furono condivisi su un sito Web (per la precisione http://opendata.cern.ch/) e furono praticamente resi accessibili a chiunque. Si tratta di una mossa non da poco in quanto, almeno nella tradizione dei lavori riguardanti la fisica delle particelle, i dati non vengono quasi mai pubblicamente forniti oppure se vengono forniti sono accessibili solo con diverse restrizioni. Questa mossa, dunque, si rivelò senza precedenti.
Ed oggi i primi risultati sono arrivati. Con uno studio pubblicato su Physical Review Letters ad opera di Jesse Thaler, professore associato di fisica a MIT e sostenitore dell’accesso aperto ai dati delle ricerche sulla fisica delle particelle, è stato dimostrato che lo sforzo che fu fatto qualche anno fa, ossia quello di rendere pubblici i dati dell’acceleratore, non è stato invano e che anzi potrebbe rivelarsi ancora più utile in futuro.
Nello specifico i ricercatori hanno rivelato un elemento universale all’interno dei getti di particelle subatomiche che vengono prodotte quando i protoni ad alta energia si scontrano.
Al di là del risultato indubbio e che comunque risulterà appetibile solo ai più esperti, l’aspetto lodevole di questo studio è proprio il fatto che è giunto tramite l’utilizzo di dati forniti in maniera aperta, praticamente accessibili a chiunque.
“Il nostro lavoro dimostra che possiamo capire in generale come utilizzare questi dati aperti, che questi hanno un valore scientifico e che questo può essere un passo avanti decisivo per un’analisi futura di possibilità più esotiche”, dichiara Thaler.