Anche nell’antica Roma insulti ed offese tra politici erano pesantissimi

Se a qualcuno potrà sembrare che l’odierna politica sia diventata troppo volgare soprattutto per quanto riguarda i faccia a faccia televisivi o le apparizioni pubbliche con tanto di palco in piazza, e che questo rappresenti un segno distintivo del degradamento morale dell’epoca contemporanea, dovrà ricredersi.

Secondo un nuovo studio Martin Jehne della Technische Universität Dresden Le invettive che i politici dell’antica Roma utilizzavano per attaccare i nemici istituzionali non conoscevano quasi confini e costituivano una parte integrante della vita pubblica dei senatori della Repubblica romana.

Molto simili alle minacce e ai discorsi di odio odierni, che intercorrono tra le varie fazioni politiche e che tra l’altro vengono amplificati dall’odierna Internet, questi discorsi permettevano ai politici romani di insultarsi in maniera spietata e, così facendo, di raccogliere consenso popolare.

A tal proposito, Jehne prenda ad esempio un Confronto avvenuto nel Senato dell’antica Roma che riguarda Cicerone: “Il famoso oratore e uomo politico Marco Tullio Cicerone (106-43 aC), per esempio, quando difese il suo sostenitore Sestio, non si tirò indietro nell’accusare pubblicamente il nemico Clodio di incesto con fratelli e sorelle. Clodio, a sua volta, accusò Cicerone di comportarsi come un re quando ricopriva la carica di console, un’accusa seria, dal momento che la regalità nella Repubblica romana era disapprovata”.

Proprio come oggi, anche allora esisteva, nelle leggi vigenti dell’epoca, il crimine di ingiuria, che potremmo oggi paragonare all’odierna diffamazione, ma quasi nessuno si preoccupava grandemente di questo pericolo.

Fonti e approfondimenti

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