Ansia può subentrare anche in un ambiente considerato sicuro

Credito: Luis Molinero, Shutterstock, 2052003983

Tramite scansioni cerebrali, un team di ricercatori ha scoperto che l’ansia può subentrare in una persona che soffre di disturbo d’ansia anche quando si trova in un luogo che considera sicuro. Lo studio è stato pubblicato su Communications Biology. Benjamin Suarez- Jimenez, professore assistente al Del Monte Institute for Neuroscience dell’Università di Rochester, il primo autore dello studio, spiega che i risultati che ha raggiunto nel corso di alcuni esperimenti di realtà virtuale suggeriscono che le cause dei disturbi d’ansia probabilmente vanno al di là di una mancanza di consapevolezza dell’ambiente o del fatto che si può ignorare il proprio livello di sicurezza.

Pazienti che soffrono d’ansia non riescono a controllare i loro sentimenti?

Secondo il ricercatore gli stessi risultati suggeriscono che i pazienti che soffrono di un disturbo d’ansia forse non riescono a controllare i loro sentimenti e i loro comportamenti anche quando desiderano far lo: “I pazienti con un disturbo d’ansia potrebbero dire razionalmente: sono in uno spazio sicuro, ma abbiamo scoperto che il loro cervello si comportava come se non lo fosse”.

Esperimenti con realtà virtuale

Il ricercatore ha svolto un esperimento con diversi volontari, tra cui alcuni che soffrivano di ansia generale e sociale. I partecipanti dovevano navigare in un gioco di realtà virtuale. Lo scopo del gioco era raccogliere dei fiori ma in metà del prato con il quale dovevano interagire c’erano delle api pericolose, nell’altra metà no. Le scansioni cerebrali eseguite durante le sessioni di gioco mostravano che i partecipanti al gioco potevano discernere tra l’area sicura e quella pericolosa ma anche che i pazienti che soffrivano di disturbo d’ansia aumentavano l’attivazione cerebrale della corteccia prefrontale dorsomediale e dell’insula anche nell’area sicura.

Aree sicure comunque collegate a pericolo o minaccia

Le scansioni cerebrali mostravano che il cervello di questi soggetti collegava l’area sicura, riconosciuta come tale, comunque ad un pericolo o ad una minaccia.
Secondo Suarez-Jimenez è il primo studio che mostra che questa attività cerebrale collegata all’ansia può essere attivata in un ambiente così complesso come la realtà virtuale:
“Questi risultati indicano la necessità di trattamenti che si concentrino sull’aiutare i pazienti a riprendere il controllo del proprio corpo”.

Note e approfondimenti

  1. Anxiety cues found in the brain despite safe environment | URMC Newsroom (IA)
  2. Location-dependent threat and associated neural abnormalities in clinical anxiety | Communications Biology (“Minaccia dipendente dalla posizione e anomalie neurali associate nell’ansia clinica”) (IA) (DOI: 10.1038/s42003-021-02775-x)
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