Il team di ricercatori incaricati della JAXA, l’agenzia spaziale giapponese, è riuscito finalmente a dare una prima occhiata al contenuto della capsula di ritorno dall’asteroide Ryugu, a seguito della riuscita missione denominata Hayabusa2.
La sonda, lanciata nel 2014, si pose in orbita intorno all’asteroide nel 2018 e trascorse diversi mesi, circa un anno e mezzo, a fotografare e a rilevare dettagli nonché a raccogliere dati molto preziosi.
Questo fino a quando cominciò la fase principale, ma anche quello più pericolosa, dell’intera missione: la sonda sparò una sorta di proiettile sulla superficie dell’asteroide creando un cratere e cumuli di frammenti e polveri. La stessa sonda, una volta atterrata sulla superficie dell’asteroide, raccolse un campione chiudendolo in un contenitore il quale, insieme alla sonda, è poi ripartito verso la Terra, atterrando poche settimane fa nel deserto australiano.
Queste prime occhiate confermano la presenza di numerosi granelli neri che erano presenti anche nelle parti esterne delle sezioni principali della sonda nonché attaccate al di fuori del contenitore che conteneva il campione.
Gli scienziati dell’agenzia giapponese non hanno dichiarato quando cominceranno i veri studi e le analisi più dettagliate dei campioni nonché dei frammenti dell’asteroide ma quello che è certo è che un’analisi di questo tipo, che vede lo studio dettagliato di frammenti provenienti da asteroidi senza che essi siano entrati in contatto con l’atmosfera terrestre o con la Terra, potrebbe riservare inedite sorprese. Asteroidi come Ryugu, infatti, possono essere considerati come resti di macerie primordiali risalenti alla prima formazione del sistema solare, resti praticamente ora giunti indenni nei laboratori giapponesi.