Aterosclerosi, scoperto collegamento “sorprendente” tra DNA e rischio più alto

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Un collegamento definito come “sorprendente” tra il DNA mitocondriale e un rischio più alto di aterosclerosi è stato trovato da un team di ricercatori dell’Istituto Salk e dell’Università della California a San Diego.[1] I ricercatori hanno pubblicato lo studio su Immunity.[2]

È Gerald Shadel, un professore al Salk e l’autore senior dello studio, a spiegare la scoperta. I ricercatori hanno individuato una particolare attivazione eseguita dai geni DNMT3A e TET2 di un altro gene che ha un ruolo nelle vie infiammatorie mitocondriali. Si tratta di un indizio che c’è un collegamento tra il DNA mitocondriale e l’aumento del rischio dell’aterosclerosi perché i geni DNMT3A e TET2 di solito lavorano per regolare il DNA, come spiega lo stesso ricercatore.[1]

I ricercatori hanno effettuato la scoperta mentre analizzavano le mutazioni dei geni DNMT3A e TET2 nell’ematopoiesi clonale. Si tratta di un processo durante il quale le cellule del sangue immature mutate fanno nascere altre cellule sanguigne immature con mutazioni identiche. Durante le analisi i ricercatori scoprivano che la segnalazione infiammatoria anomala poteva essere collegata alla carenza di DNMT3A e TET2 all’interno dei globuli che hanno un ruolo nella risposta infiammatoria alla base dell’aterosclerosi.[1]

“Il problema era che non riuscivamo a capire come fossero coinvolti DNMT3A e TET2 perché le proteine che codificano fanno cose apparentemente opposte per quanto riguarda la regolazione del DNA”, riferisce Christopher Glass, professore della Scuola di Medicina della UC San Diego ed altro autore senior dello studio. Quando Glass ha capito che potevano esserci altri meccanismi non ancora scoperti ha contattato Shadel il quale aveva già individuato lo stesso percorso infiammatorio anni prima quando stava effettuando delle analisi sul DNA mitocondriale.[1]

Durante questi studi precedenti, il team di Shadel aveva infatti scoperto che rimovendo un gene denominato TFAM, che agevola la costruzione corretta del DNA mitocondriale, quest’ultimo fuoriusciva dai mitocondri dentro le cellule. Questa fuoriuscita faceva partire una reazione da parte della cellula simile a quella che parte quando c’è un patogeno batterico o virale che la invade. Viene innescato un percorso molecolare difensivo e ciò produce l’infiammazione.[1]

Le nuove analisi facevano poi scoprire che livelli più bassi di DNMT3A e TET2 nelle cellule del sangue sembrano ridurre l’espressione del gene TFAM e questo, a sua volta, produce un anormale confezionamento del DNA all’interno di mitocondri e quindi l’infiammazione. “Abbiamo scoperto che le mutazioni DNMT3A e TET2 impediscono la loro capacità di legare e attivare il gene TFAM”, spiega Isidoro Cobo, un ricercatore nel laboratorio Glass e primo autore dello studio. “La mancanza o la riduzione di questa attività di legame porta al rilascio del DNA mitocondriale e a una risposta infiammatoria mitocondriale iperattiva e riteniamo che ciò possa esacerbare l’accumulo di placca nell’aterosclerosi”.[1]

Note e approfondimenti

  1. Making a memory positive or negative – Salk Institute for Biological Studies
  2. Neurotensin orchestrates valence assignment in the amygdala | Nature (DOI: 10.1038/s41586-022-04964-y)
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