
Gli orsi potrebbero essere d’aiuto per contrastare l’atrofia muscolare negli esseri umani. Di questo parere è un team di ricerca condotto da Michael Gotthardt, neurologo del Centro di Medicina Molecolare Max Delbrueck (MDC) di Berlino.
Gli orsi, infatti, passano molti mesi in letargo, periodo durante i quali non fanno nessuna attività fisica o nessun movimento. Dopo questi periodi prolungati di inattività i loro muscoli sembrano non aver sofferto per nulla nonostante per diversi mesi il corpo sia stato in una condizione di stasi con il metabolismo e la frequenza cardiaca che diminuiscono in maniera brusca e con la quantità di azoto che aumenta molto nel sangue.
Gli scienziati del team di Gotthardt stanno per questo studiando le cellule muscolari degli orsi in relazione al contrasto all’atrofia muscolare, una patologia che negli esseri umani può verificarsi diverse circostanze, come spiega Douaa Mugahid, l’autore di uno studio apparso su Scientific Reports.
“Per me, la bellezza del nostro lavoro è stata quella di imparare come la natura ha perfezionato un modo per mantenere le funzioni muscolari nelle difficili condizioni del letargo”, dichiara in un comunicato stampa Mugahid. “Se siamo in grado di comprendere meglio queste strategie, saremo in grado di sviluppare metodi nuovi e non intuitivi per prevenire e curare meglio l’atrofia muscolare nei pazienti.”
Proprio per questo i ricercatori hanno esaminato campioni di muscoli degli orsi grizzly prelevati sia durante periodi di letargo che durante gli altri mesi. Le analisi sono state effettuate con varie tecniche tra cui la spettrometria di massa, per capire quali sono i geni e le proteine coinvolte, un compito abbastanza complicato in quanto il genoma completo di questo animale non è mai stato sequenziato.
I ricercatori sono riusciti a trovare delle proteine che influenzano il metabolismo degli aminoacidi durante il letargo, proteine che fanno sì che le cellule muscolari possano contare su una più grande quantità di aminoacidi non essenziali (non-essential amino acids, NEAA).
I ricercatori pensano che forse si potrebbero stimolare i NEAA nelle cellule muscolari degli esseri umani qualora il corpo umano producesse lo stesso tipo di aminoacido. E anche se non lo producesse, spiegano gli scienziati, si potrebbe indurre il muscolo umano produrre gli stessi NEAA degli orsi attivando particolari vie metaboliche nel corso dei periodi di riposo più lunghi o comunque in quei periodi prolungati in cui c’è totale mancanza di attività fisica.
I ricercatori hanno già trovato alcuni geni che sembrano in tal senso abbastanza interessanti, tra cui alcuni coinvolti nel metabolismo del glucosio e degli aminoacidi e uno coinvolto nello sviluppo dei ritmi circadiani, e si ripromettono di eseguire esperimenti con i topi.