I bambini poveri hanno probabilità più grandi di incorrere in difficoltà cognitive e comportamentali rispetto ai bambini di famiglie più abbienti secondo uno studio condotto da Deanna Barch, professoressa del Dipartimento di Scienze psicologiche e cerebrali della Washington University di St. Louis che ha collaborato con Joan Luby, professoressa di psichiatria infantile della stessa Università, e con altri ricercatori.
I risultati dello studio sono stati pubblicati su Biological Psychiatry: Cognitive Neuroscience and Neuroimaging.
Danni al cervello rimangono anche se status poi cambia dopo l’adolescenza
I risultati sono validi, come spiegano i ricercatori, anche se lo status socioeconomico del bambino cambia prima dell’avvento dell’età adulta. In pratica se, dopo l’adolescenza, le condizioni economiche del bambino migliorano, i danni sono comunque già fatti.
Secondo la ricercatrice sono diversi i fattori collegati alla povertà che possono influenzare lo sviluppo del cervello, come lo stress, un’alimentazione insufficiente oppure inadeguata ed un accesso più ristretto all’assistenza sanitaria: “Se possiamo prevenire la povertà, possiamo aiutare ad aggirare alcuni di questi risultati negativi”, rileva la Barch.
Usati dati di questionari e di scansioni cerebrali
I ricercatori hanno usato, come dati principali, le risposte a diversi questionari a cui bambini da tre a cinque anni e i loro tutori sono stati sottoposti, cosa che si è ripetuta poi quando i bambini hanno compiuto 16 anni. All’età di 17 anni, poi, gli stessi soggetti ricevevano scansioni cerebrali per misurare il volume della materia cerebrale, cosa utile per rilevare eventuali cambiamenti nel cervello. Tra gli altri dati anche quelli relativi alla psicopatologia prescolare e quelli inerenti ad eventi significativi nel corso della vita dei bambini.
Alla fine i ricercatori scoprivano un collegamento tra lo status socioeconomico durante gli anni della scuola materna e la funzione cognitiva nonché i comportamenti ad alto rischio.
Regioni subcorticali del cervello più piccole dei bambini poveri
Scoprivano inoltre che i bambini che vivevano sotto al livello di povertà durante l’età prescolare erano caratterizzati da alcune regioni subcorticali del cervello dal volume più piccolo. Tra queste regioni c’erano l’ippocampo, il caudato, il putamen e il talamo. Queste regioni erano caratterizzate anche da una crescita minore nel corso del tempo: “Quindi iniziano più piccole e non crescono tanto”, riferisce la Barch.
Queste malformazioni delle regioni subcorticali, non responsabili di specifiche funzioni cognitive od emotive, influenzavano però altre regioni del cervello, queste sì collegate a funzionamenti cognitivi. Questo perché le informazioni devono comunque passare attraverso queste regioni “secondarie” per raggiungere le aree del cervello dove poi vengono elaborate.
Si tratta di “importanti punti di passaggio sull’autostrada del cervello”, come spiega la ricercatrice, che sembrano essere particolarmente sensibili ai fattori di tipo ambientale e tra questi ultimi c’è anche una cattiva alimentazione, un fattore che, naturalmente, colpisce maggiormente i più poveri.
Il destino dei bambini poveri non è comunque segnato
Non si tratta di risultati deterministici, come fa notare la ricercatrice, in quanto gli esempi di bambini poveri che poi hanno avuto risultati di successo nella vita non sono pochi. Ciò, spesso, è dovuto al fatto che, talvolta, i bambini poveri possono contare comunque su un supporto aggiuntivo che può giungere dall’esterno della famiglia. Questo dimostra, secondo la ricercatrice, che è possibile effettivamente fare, a livello sociale, qualcosa al riguardo e prevenire i danni della crescita in povertà.
Note e approfondimenti
- 17-year study of children associates poverty with smaller, slower-growing subcortical regions | The Source | Washington University in St. Louis (IA)
- Early Childhood Socioeconomic Status and Cognitive and Adaptive Outcomes at the Transition to Adulthood: The Mediating Role of Gray Matter Development Across 5 Scan Waves – ScienceDirect (IA) (DOI: 10.1016/j.bpsc.2021.07.002)