Batteri che resistono ad altissima pressione marina studiati da ricercatori

Sfiato idrotermale sul fondo del mare (credito: Roban Kramer - Flickr, CC BY-SA 2.0)

Una delle teorie principali riguardo all’origine della vita sulla Terra vede le cosiddette “prese d’aria” idrotermali, quelle che si trovano sui fondali del mare profondo, come uno degli habitat più idonei per l’abiogenesi.
La temperatura elevata, il pH alcalino e la stessa azione di sfiato, secondo diversi scienziati, avrebbero infatti favorito quelle relazioni molecolari che si credono abbiano originato la vita sulla terra più di 4 miliardi di anni fa.

Un nuovo studio prende in considerazione una di quelle condizioni, presenti proprio in questo habitat, a volte troppo trascurata, ossia l’enorme pressione idrostatica. Nelle zone profonde del mare, ad esempio ad 11.000 metri sotto la superficie, le pressioni raggiungono livelli enormi, di oltre 100 megapascal (la pressione atmosferica è di soli 0,1 megapascal).
Ci sono pochi organismi che possono resistere a pressioni del genere. Si tratta naturalmente di microrganismi e tra di essi ci sono procarioti “piezofili”, batteri anaerobici della famiglia Colwellia.

Sono proprio questi i batteri che un team di ricercatori ha studiato pubblicando uno studio su BioRxiv per capire come si adattano all’alta pressione.
I ricercatori hanno scoperto che i ceppi più resistenti questo genere di batteri mostrano livelli più alti di aminoacidi basici e idrofobici nel proteoma.

Secondo i ricercatori, questa caratteristica stabilizza e limita l’intrusione di acqua nelle proteine sotto l’altissima pressione.
Inoltre questi batteri sembrano possedere un numero maggiore di geni per la replicazione, la ricombinazione e per le proteine di riparazione. E ancora sembrano avere più acidi grassi insaturi e forme varianti di colesterolo, altre caratteristiche cruciali per regolare la fluidità della membrana ad una pressione così alta.

A cosa possono servire queste informazioni? Forse potrebbero essere di utilità per la cosiddetta terapia iperbarica, da qualcuno considerata come una soluzione ottimale in molti ambiti. Qualcuno per esempio ha suggerito che potrebbe servire anche per eliminare le fibrille amiloidi nella malattia di Alzheimer. Altri possibili utilizzi di queste informazioni potrebbero avvenire nel comparto della decontaminazione degli alimenti: virus e batteri, infatti, potrebbero essere eliminati tramite trattamenti con altissime pressioni.

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