
Poter realizzare biocarburanti da biomassa non alimentare ridurrebbe grandemente la nostra dipendenza dai combustibili fossili senza arrecare danno o comunque senza prelevare o usare risorse del settore relativo all’agricoltura.
Il problema principale è rappresentato dalla lignina, un composto complesso che si trova nelle pareti cellulari delle piante che blocca l’accesso ai carboidrati vegetali che debbono essere suddivisi in zuccheri e poi sottoposti a fermentazione per essere trasformati biocarburanti.
Ora un nuovo studio, condotto da ricercatori della Purdue University, sembra aver risolto questo ostacolo. Nello studio, pubblicato su Plant Biotechnology Journal and Biotechnology for Biofuels, viene descritto come sia possibile aumentare la produzione di biocarburanti rinnovabili sostanzialmente da rifiuti vegetali e biomassa che potrebbe essere coltivata anche su terreni marginali.
“La lignina non è più un problema. Abbiamo un modo per rimuoverla e ricavarne prodotti utili, oltre ad avere accesso ai carboidrati vegetali per la produzione di biocarburanti”, dichiara Nick Carpita, professore nel Dipartimento di Botanica e Patologia delle Piante coinvolto nello studio che questo dipartimento sta portando avanti da 10 anni guidato da Maureen McCann, professore di scienze biologiche.
I ricercatori si sono basati sulla scoperta di Mahdi Abu-Omar, ex chimico della Purdue ora professore all’università della California a Santa Barbara, che aveva scoperto che utilizzando un particolare catalizzatore al nichel-carbonio si poteva mettere in atto un metodo economico ed efficace per rimuovere la lignina senza intaccare i carboidrati della pianta.
Il team della Purdue ha affinato ancor di più questo metodo ed ha sviluppato un albero di pioppo modificato geneticamente con una struttura alterata della lignina.
Sono così riusciti ad eseguire una scomposizione relativamente facile del ramnogalatturonano, una sostanza simile alla pectina che si trova in questi alberi, e sono arrivati a controllare la produzione di ramnogalatturonano lyase (RG-lyase), un enzima che rompe il ramnogalatturonano, e rimuove le connessioni tra le cellule.
Al momento questi pioppi “ingegnerizzati” non possono essere coltivati normalmente e quindi a livello commerciale perché sono organismi geneticamente modificati, tuttavia i risultati acquisiti da questa ricerca possono essere utilizzati in altre colture modificate, ad esempio tramite CRISPR.
“Ora sappiamo come smontare le pareti cellulari per produrre vari prodotti, incluso il carburante per il trasporto”, dichiara Rick Meilan, uno dei ricercatori che hanno sviluppato i pioppi modificati insieme a Clint Chapple. “Quello che stiamo facendo con il pioppo può aiutare a informare su ciò che viene fatto con altre materie prime cellulosiche derivate da residui di gambi di mais o biomassa di sorgo e panico verga.”