Cambiamenti climatici, ridurre popolazione globale non è la soluzione

Percentuale di emissioni di CO2 della popolazione mondiale in base al livello di ricchezza (credito: Oxfam, vedi terzo link più sotto per lo studio)

Stabilizzare la crescita della popolazione mondiale potrebbe essere un fattore importante per far fronte alle emergenze climatiche? È quanto si chiede un nuovo articolo apparso su The Conversation che si rifà ad un nuovo studio, apparso su BioScience e sottofirmato da 11.000 scienziati in tutto il mondo (vedi secondo link in basso), secondo il quale bisogna ridurre il consumo della carne l’unico modo per farlo sembra essere stabilizzare proprio la popolazione globale.

Si tratta di un punto molto controverso, come ammette lo stesso Mark Maslin, professore di scienze terrestri all’università della California a Los Angeles e autore dell’articolo, dato che, molto sostanzialmente, non tutti hanno la stessa colpa per quanto riguarda le emissioni dei gas serra che stanno provocando i cambiamenti climatici.
I paesi più ricchi sono quelli più responsabili mentre i paesi più poveri sono quelli meno responsabili che quindi dovrebbero “sacrificarsi” per le azioni negative perpetrate da altri.

Stabilizzare la popolazione, secondo il ricercatore, non è una soluzione chiave ai cambiamenti climatici e non è la più importante. Si tratterebbe di una “mito” molto fuorviante in quanto fa sembrare che il contributo di tutti, in termini di emissioni, sia uguale. Un terzo delle emissioni globali nell’atmosfera fino a oggi proviene dagli Stati Uniti ed un altro terzo dall’Unione Europea.
L’Africa ha contribuito solo al 3%: questo significa che solo una piccola percentuale della popolazione mondiale ha creato la crisi climatica.

Eseguendo dei calcoli riguardanti le emissioni attuali considerate per ogni individuo, si arriva a scoprire che il 10% più ricco della popolazione mondiale emette il 50% delle emissioni di gas serra mentre il 50% più ricco ne emette più del 90%.
Alla fine si può dedurre che 3,8 miliardi di persone, quelle della fascia più povera, emettono solo un decimo delle emissioni. Ad esempio un americano medio emette nove volte più CO2 rispetto ad un indiano medio.

È facile con queste cifre capire che non è controllando la popolazione che si possono contrastare i cambiamenti climatici anche perché ad emettere le emissioni sono i paesi più ricchi, notoriamente anche quelli in cui le popolazioni crescono di meno e sono più stabili (anzi in alcuni di essi le stesse popolazioni stanno già cominciando a calare).
È il consumo eccessivo da parte dei paesi ricchi che sta causando i cambiamenti climatici, non l’aumento della popolazione.

Lo stesso Maslin fa notare anche che, più che degli altri metodi di pianificazione familiare e di contraccezione utilizzati in passato, è l’educazione della donna e la sua istruzione ad essere uno dei fattori critici per quanto riguarda la fertilità e il conseguente aumento della popolazione.
Nel 1950 ogni donna partoriva in media cinque bambini vivi, oggi la cifra si è abbassata 2,5 e il tasso di natalità medio sta diminuendo ogni anno. Secondo le Nazioni Unite, la popolazione aumenterà tra il 9,4 e i 10,1 miliardi di persone entro il 2050 ma si stabilizzerà poi entro il 2100.

Maslin sfata poi un altro mito. Troppo spesso si sente dire che non possiamo produrre cibo a sufficienza per tutti: in realtà gli esseri umani producono abbastanza cibo per sfamare più di 10 miliardi di persone, una cifra che coprirebbe l’aumento previsto della popolazione in questo secolo.
Nonostante questo ci sono tantissime fasce di popolazione che muoiono di fame in quanto non possono accedere a questo surplus alimentare globale: è questo è uno dei principali problemi da risolvere.

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