
Bisogna misurare anche il livello di umidità insieme alla temperatura per valutare il riscaldamento globale in corso secondo un interessante studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences ripreso dall’Associated Press. Prendendo in considerazione anche l’umidità, secondo i ricercatori, e analizzando i dati dal 1980 ad oggi, il cambiamento climatico in corso risulta essere quasi due volte più grave di quanto calcolato da altre stime.
Temperatura potenziale equivalente
Il team di ricercatori, provenienti da istituti cinesi e statunitensi, ha preso in considerazione la “temperatura potenziale equivalente” (anche Theta-e). Si tratta di una misurazione che valuta il livello energetico dell’umidità nell’atmosfera. A spiegare il concetto è V. “Ram” Ramanathan, climatologo dello Scripps Institution of Oceanography, Istituto dell’Università della California San Diego.
La misura della temperatura potenziale equivalente viene espressa in gradi, così come quella della normale temperatura.
Un processo a catena
Aggiungendo questa misura ai dati raccolti dal 1980, i ricercatori giungono alla conclusione che gli eventi estremi come le ondate di calore o come le precipitazioni inusuali, si spiegano molto meglio.
Con l’aumentare delle temperature, l’aria tende a trattenere un livello maggiore di umidità. Quest’ultima tende poi a condensarsi e a rilasciare ulteriore calore il quale può essere misurato sotto forma di energia. Lo stesso vapore acqueo intrappola il calore all’interno dell’atmosfera e aumenta gli effetti del cambiamento climatico in un processo a catena.
Dal 1980 al 2019 mondo si è riscaldato di 1,48°
Secondo i ricercatori, dal 1980 al 2019 il globo si è scaldato di 0,79 °C. Ma prendendo in considerazione la temperatura potenziale equivalente, e dunque l’apporto dell’umidità, il nostro pianeta si è scaldato di 1,48 °C. Il riscaldamento maggiore è avvenuto ai tropici con un aumento di 4 °C.