Un team di ricercatori ha analizzato le carcasse degli animali uccisi dai lupi nel parco naturale di Yellowstone, negli Stati Uniti, scoprendo che le nutrite colonie di batterie e di funghi che si sviluppano nei pressi delle carcasse di un animale possono essere molto diverse da quelle che si possono sviluppare sulla carcassa di un altro animale.
Hanno inoltre scoperto che queste carcasse favoriscono la crescita delle piante immettendo nel suolo importanti ricche sostanze nutritive, più ricche di quelle che le stesse piante possono trovare nelle vicinanze. Queste piante, una volta nate e cresciute, attirano poi gli erbivori, attratti dal cibo di maggiore qualità. Si crea, in sostanza, un feedback che si regge, almeno in parte, anche sulle uccisioni degli animali e sulla permanenza delle loro carcasse sul terreno.
I ricercatori hanno scoperto che quando un animale muore e rimane per giorni sul terreno viene innescato un processo di reazione a catena che non segue uno schema fisso, come creduto precedentemente.
Lo studio potrebbe rivelarsi utile anche per la medicina legale che si basa sui cadaveri per carpire indizi sulle modalità con cui la persona, ad esempio il soggetto di un’aggressione, è morto. Tutte queste informazioni sono state poi descritte in uno studio apparso su Functional Ecology.
I ricercatori in ogni caso non hanno potuto analizzare carcasse che avevano più di 40 giorni per motivi di sicurezza (il pericolo che si potessero incontrare animali pericolosi nei paraggi delle carcasse, per esempio orsi grizzly, era infatti troppo alto, come spiega Anita Risch dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL, una delle autrici dello studio.