
Diverse informazioni sulle modalità con le quali le mutazioni genetiche causano la cardiomiopatia ipertrofica sono contenute in un nuovo studio apparso su Proceedings of the National Academy of Sciences. Nello specifico i ricercatori hanno individuato più di 1000 mutazioni genetiche collegate a questa patologia. Molte di queste mutazioni sono relative a geni che codificano per proteine sarcomeriche. Queste ultime sono proteine dei muscoli cardiaci e hanno un ruolo nella generazione, nonché nella regolazione, della contrazione e del rilassamento dello stesso muscolo.[1]
Miosina cardiaca beta
Un terzo delle mutazioni genetiche individuate è relativo alla miosina cardiaca beta. Si tratta di una proteina importante per la contrazione delle cellule cardiache e quindi del muscolo cardiaco.
Il muscolo cardiaco, così come gli altri muscoli del corpo, si contrae grazie ad una proteina, la miosina, che “cammina” lungo una catena di molecole di actina. Questo processo, denominato anche “ciclo del ponte incrociato” trasforma l’ATP (energia chimica) in energia meccanica, trasformazione che poi porta alla contrazione.[1]
Come funziona la contrazione muscolare
La contrazione comincia quando una molecola di ATP, nota anche come “moneta energetica”, si lega alla testa della miosina. Ne consegue lo staccamento della testa della miosina e dell’ATP dall’actina, cosa che avviene processo di idrolisi dell’ATP e viene trasformato in ADP più un gruppo fosfato.
Si tratta di un processo che crea l’energia necessaria per permettere alla miosina di cambiare forma in modo che possa “strisciare” lungo l’actina. Ciò, a sua volta, fa sì che il fosfato fuoriesca dalla miosina e che la stessa miosina possa muoversi lungo la catena di actina facendo contrarre il muscolo.[1]
Cardiomiopatia ipertrofica
La cardiomiopatia ipertrofica è una cardiopatia di natura genetica causata da un ispessimento del muscolo cardiaco. Può provocare disfunzioni cardiache, insufficienza cardiaca e morte cardiaca improvvisa.[1]
Mutazione genetica P710R
I ricercatori si sono concentrati su una singola mutazione, denominata P710R, che sembra ridurre la velocità della miosina quando “cammina” sull’actina.
Tramite la tecnologia CRISPR, i ricercatori hanno modificato i cardiomiociti tramite cellule staminali derivate pluripotenti indotte umane inserendo, negli stessi cardiomiociti, la mutazione P710R. Si tratta di linee cellulari prive di anomalie genetiche fondamentali per le analisi approfondite di mutazioni come la P710R.
“Puoi avere dieci persone con la stessa mutazione genetica in questa proteina e possono avere vari gradi di significato clinico, perché il resto del loro genoma è diverso; questo è ciò che ci rende individui”, spiega Beth Pruitt, professoressa di ingegneria meccanica dell’Università di Santa Barbara e direttrice dell’Institute for BioEngineering, una delle autrici dello studio. “Queste linee ci consentono di esaminare quale sia il risultato della mutazione genetica. Confrontando l’effetto di diverse mutazioni, possiamo iniziare a distinguere come questi cambiamenti portano alla CMI. Ci consente di osservare da vicino come e perché le cellule si adattano a la mutazione in quel modo, e per ottenere dati e metterli in relazione con lo spessore della parete del cuore e tutte le altre cose che accadono a valle.”[1]
I ricercatori hanno scoperto che la mutazione P710R fa sì che più teste di miosina si leghino all’actina nelle cellule caratterizzate dalla mutazione, cosa che provoca un aumento di forza di queste cellule.
“Le teste di miosina trascorrono molto tempo in uno stato super-rilassato quando non è legata all’actina. Qualsiasi mutazione o farmaco che modifica per quanto tempo o quanto fortemente i motori della miosina sono legati all’actina cambierà la produzione di forza cellulare e cambierà gli eventi di segnalazione a valle che guidano il rimodellamento e la crescita o l’ipertrofia”, spiega ancora la Pruitt.