
La catastrofizzazione può essere considerata come una condizione in cui si presume, spesso a torto, che il peggio deve ancora accadere, anche se il peggio non è tra le situazioni più probabili. Secondo Patrizia Riddell, una professoressa di neuroscienze applicate dell’Università di Reading, la catastrofizzazione caratterizza maggiormente quegli individui ai quali piace sentirsi in pieno controllo di loro stessi, e quindi quegli individui che sono maggiormente intolleranti all’incertezza.[1]
La ricercatrice ha scritto un nuovo articolo su The Conversation in cui fornisce alcuni consigli a quelle persone che tendono a catastrofizzare quando sono stressate ad ansiose. Secondo la ricercatrice è bene prendere le decisioni durante la mattina. L’importante è non prendere decisioni durante la notte in quanto, proprio durante la notte, il cervello utilizza maggiormente l’area più emotiva e quindi si fa più fatica a pensare razionalmente, differentemente da quando il cervello è più riposato.[1]
Secondo la ricercatrice, inoltre, bisogna imparare ad essere più “autocompassionevoli” provando a guardare attraverso sé stessi tramite gli occhi di qualcun altro. Si può, per esempio, provare a parlare di sé stessi usando un linguaggio più gentile di quanto potrebbe fare il nostro “critico interiore” che spesso può usare un linguaggio aspro.[1]
Per limitare la catastrofizzazione si può inoltre provare a creare storie migliori: nel pensare a qualcosa che deve ancora accadere si può pensare ai modi tramite i quali questo evento può andare bene, una cosa che può aiutare a limitare l’ansia. Si può, per esempio, provare ad inventare una serie di storie plausibili su quello che può accadere e provare a concentrarsi su quelle storie che hanno un esito positivo.
Infine, secondo la ricercatrice, è bene essere gentili con sé stessi, soprattutto quando si considera il proprio futuro. Non è una cosa molto facile, anche per quelle persone che di solito sono molto compassionevoli ed empatiche nei confronti delle altre persone. La compassione e l’empatia, infatti, sono sentimenti che si sono evoluti negli esseri umani per agevolare l’interazione con altre persone e quindi non sono proprio adattissimi se “autoapplicati”. In ogni caso ci si può riuscire, ad esempio, chiedendosi quale consiglio si potrebbe dare ad un amico che si trova nella nostra situazione.[1]