
Un gruppo di scienziati ha annunciato di aver fatto un passo avanti importante per quanto riguarda la creazione organi umani negli animali. Hiro Nakauchi della Stanford University e Pablo Ross della University of California hanno fatto l’annuncio ieri durante la riunione annuale dell’Associazione americana per l’avanzamento della scienza (AAAS) ad Austin, in Texas.
Gli scienziati hanno dichiarato di aver prodotto embrioni ibridi di pecore e umani anche se il livello di cellule umane risulta per il momento ancora troppo ridotto per poter pensare realmente di coltivare organi umani all’interno di pecore o altri animali ed evitarne il rigetto una volta impiantati negli esseri umani.
La questione riguardante il trapianto degli organi umani è di primaria importanza in tutto il comparto della medicina; i malati che muoiono perché non è disponibile un organo sono ancora troppi (gli stessi scienziati calcolano che 20 persone muoiono ogni giorno in attesa di un trapianto solo negli Stati Uniti).
In questa nuova ricerca, gli scienziati hanno utilizzato cellule staminali umane adulte impiantandole in embrioni di pecore. Questi embrioni sono poi stati innestati nelle pecore dove sono cresciuti per 28 giorni. I ricercatori sperano tuttavia di estendere questo periodo fino a 70 giorni, un’estensione che porterebbe a risultati certamente migliori considerando che gli embrioni di pecore sono più difficili da manipolare di quelli dei topi.
In ogni caso i ricercatori sono riusciti a raggiungere un rapporto ancora più elevato, rispetto alle sperimentazioni precedenti, tra cellule umane e animali: circa una su 10.000 cellule di questi embrioni di pecore sono umane. Tuttavia questo livello risulta ancora troppo basso: secondo gli scienziati ci sarebbe bisogno di più dell’1% di cellule umane, ossia almeno una su 100.
L’ostacolo principale è ovviamente rappresentato dal rigetto del sistema immunitario: più sono presenti cellule umane, minori saranno le probabilità di rigetto, un’eventualità che comunque non è ben decifrabile nè calcolabile perché varia moltissimo da individuo a individuo e da contesto contesto.
La stessa squadra di scienziati già in precedenza aveva sviluppato un pancreas di topo in un ratto che era stato geneticamente modificato per svilupparsi senza l’organo. “Abbiamo già generato un pancreas di topo nei ratti e poi trapiantato quello in un topo diabetico e siamo stati in grado di portare avanti quasi una cura completa senza alcun immunosoppressore”, dichiara Nakauchi il quale lascia intendere che prossimi a passi saranno finalizzati a provare questo approccio anche con gli esseri umani.