
Che i computer quantistici possano essere il futuro dell’informatica è parere di molti ma attualmente non è ancora ben chiaro con quali i materiali debbano essere costruiti i chip quantistici per ottenere l’efficienza migliore.
Attualmente i chip quantistici fatti di silicio sembrano rappresentare la scelta migliore anche perché questo è un materiale con cui i costruttori di dispositivi informatici e di chip hanno già molta familiarità.
Un gruppo di ricerca dell’Università tecnica di Delft ha pubblicato un nuovo articolo su Science in cui mostra che tramite il silicio è possibile connettere bit quantici e dunque è trasportare l’informazione quantistica in maniera abbastanza efficiente. Il silicio non sembra dunque essere un materiale di ripiego, da utilizzare solo perché si ha già un enorme esperienza nel suo utilizzo in questo campo tecnologico, ma può assurgere a un ruolo da vero protagonista per quanto riguarda i futuri dispositivi elettronici a base quantistica.
Secondo Guoji Zheng, uno degli autori della ricerca, è possibile utilizzare i campi elettrici per catturare singoli elettroni nel silicio da utilizzare come qubit, i bit quantistici di base, e questo può essere fatto anche per un lungo periodo ed utilizzando molti qubit contemporaneamente, naturalmente collegati tra loro.
L’ostacolo da superare è relativo al fatto che i qubit quantistici possono comunicare in maniera diretta solo con i qubit vicini più immediati a meno che non si utilizzino i fotoni per le interazioni a più lunghe distanze.
È proprio per quanto riguarda quest’ultima metodologia che i ricercatori della Delft hanno fatto ottimi passi avanti dimostrando che un singolo spin elettronico e un singolo fotone possono essere efficiente mentre accoppiati su un chip di silicio.
Fonti e approfondimenti
- Quantum race accelerates development of silicon quantum chip (IA)
- Strong spin-photon coupling in silicon | Science (IA)
- DOI: 10.1126/science.aar4054
- Autori ricerca: N. Samkharadze, G. Zheng, N. Kalhor, D. Brousse, A. Sammak, U. C. Mendes, A. Blais,, G. Scappucci, L. M. K. Vandersypen
- Crediti immagine: TU Delft