
La freccia del tempo è un concetto che i fisici hanno creato per tentare di spiegare la direzione del tempo che, almeno per quelle che ci riguarda, va dal passato verso il futuro. Questo concetto derivava da un altro, quello della seconda legge della termodinamica: la casualità tende ad aumentare. Sostanzialmente questa tendenza al disordine è il motivo per il quale sperimentiamo il tempo.
Ma è possibile quantificare la forza della freccia del tempo che percepiamo per capire come emerge dalla scala microscopica, quella delle cellule e dei neuroni che interagiscono? È la domanda che si è posta Christopher Lynn, un ricercatore del CUNY Graduate Center Initiative for the Theoretical Sciences che ha realizzato un nuovo studio pubblicato su Physical Review Letters, come spiega un comunicato dello stesso istituto di New York. “I nostri risultati forniscono il primo passo verso la comprensione di come la freccia del tempo che sperimentiamo nella vita quotidiana emerga da questi dettagli più microscopici”, spiega il ricercatore nel comunicato.
I ricercatori hanno tentato di scomporre la freccia del tempo analizzando il funzionamento dei neuroni all’interno della retina di una salamandra in risposta a due diversi input visivi, uno con il movimento casuale di un singolo oggetto sullo schermo e uno con una scena che potrebbe essere intercettata in natura. Scoprivano che la freccia del tempo emergeva dalle interazioni semplici tra le varie copie di neuroni, non tra gruppi grandi e complessi. Inoltre la retina mostrava una freccia del tempo più forte quando veniva osservato un movimento casuale rispetto a quanto accadeva con una scena che l’animale poteva trovare in natura. Si tratta di una scoperta, quest’ultima, che, secondo Lynn, apre nuove domande su come percepiamo internamente la freccia del tempo e su come essa si allinea con il mondo che ci circonda.
Più che per la fisica questi risultati potrebbero rivelarsi molto interessanti per i neuroscienziati, spiega il ricercatore. Ad esempio si potrebbe tentare di capire perché i cervelli di alcune persone la stessa freccia del tempo funziona in maniera diversa.