Un team di ricercatori ha realizzato un nuovo studio che verrà presentato la settimana prossima alla conferenza annuale della Radiological Society of North America (RSNA). Lo studio riguarda quei casi in cui giovani adulti o adolescenti vanno incontro a commozioni cerebrali multiple, ossia da tre a cinque commissioni cerebrali con relativi sintomi post-concussivi. A seguito del loro studio, i ricercatori si sono accorti che queste commozioni possono interrompere una area del cervello che ha un ruolo nel riposo vigile e nei pensieri interni.
Risonanza magnetica funzionale in stato di riposo (fMRI)
I ricercatori hanno usato una tecnica di risonanza magnetica denominata risonanza magnetica funzionale in stato di riposo (fMRI). L’hanno usata su 142 soggetti (di cui 67 donne, in totale con un’età media di 18,2 anni) che avevano avuto commozione cerebrale. I dati dei pazienti erano stati prelevati presso l’Università del Rochester Medical Center e gli stessi pazienti erano stati diagnosticati con sindrome da post-commozione cerebrale. Si tratta di una condizione che vede alcuni sintomi dopo la commozione cerebrale tra cui mal di testa, affaticamento, vertigini e un certo livello di irritabilità.[1]
Scansionata la default mode network (DMN) del cervello
Scansionando i cervelli dei pazienti con la fMRI, ricercatore hanno valutato le attività nella suddetta area del cervello, denominata default mode network (DMN, o sistema della condizione di default). I ricercatori creavano una mappa per ogni soggetto per capire come l’attività in questa regione del cervello si distribuiva nello spazio e nel tempo, come spiega Thomas Johnson, neurologo dell’istituto di New York, uno dei ricercatori che ha realizzato lo studio.
Se riscontravano differenze per chi aveva avuto da tre a cinque commozioni cerebrali
I ricercatori non riscontravano differenze nella DMN per le persone che avevano subito uno oppure due commozioni cerebrali. Nei soggetti che avevano invece subito da tre a cinque commozioni cerebrali si avevano interruzioni nella DMN.
“Stiamo vedendo prove di una malattia a due livelli”, spiega il ricercatore che aggiunge che, come mostrano questi dati, andare incontro a più commozioni cerebrali, da tre a cinque nello specifico, sembra avere il potenziale di interrompere a lungo termine i processi cognitivi: “Dobbiamo determinare la nostra tolleranza per le commozioni cerebrali. Quando si dice basta agli sport di contatto? Abbiamo bisogno di più prove per stabilire dei limiti per le persone”.[1]