
Le estinzioni globali di specie sia animali che vegetali ai tropici potrebbero essere dimezzato si almeno il 30% dei suoli dovesse essere conservato a livello globale.
È questa la conclusione a cui arriva un nuovo studio apparso su Ecography realizzato dal professor Jon Lovett dell’Università di Leeds.
I ricercatori hanno analizzato i tassi di estinzione basandosi su due fattori, quello della conservazione e quello dei cambiamenti climatici e sono giunti alla conclusione che se riuscissimo a conservare e a far rimanere più o meno intatto il 30% dei terreni in tutto il mondo, le specie viventi ai tropici, dalle piante mammiferi, vedrebbe il proprio livello di rischio di estinzione ridotto di più della metà.
Secondo il ricercatore per proteggere al meglio i terreni bisogna agire nei comparti dell’agricoltura, della silvicoltura e dell’allevamento. D’altronde l’agricoltura a base ecologica risulta comunque molto produttiva e quindi non ci sarebbe neanche bisogno di rinunciare probabilmente ai livelli attuali di raccolto.
Quello che bisogna fare, secondo i ricercatori, è far effettuare una transizione rapida ai deserti agricoli facendoli diventare “oasi verdeggianti che combinano la produttività economica con il movimento e l’habitat delle specie colpite dai cambiamenti climatici”.
Secondo Lee Hannah, autore principale dello studio nonché scienziato del Moore Center for Science di Conservation International, siamo al punto di una sesta estinzione di massa e il 2020 risulterà un anno cruciale che dovrebbe spingerci ancor di più ad aumentare gli sforzi per la conservazione.
“I cambiamenti climatici e la perdita di specie sono in gran parte causati dall’uomo nonostante il fatto che per prosperare abbiamo bisogno di temperature stabili e di ecosistemi sani”, dichiara Patrick Roehrdanz, un altro autore dello studio secondo il quale bisogna implementare queste soluzioni per la conservazione prima che sia troppo tardi.