
I vari governi mondiali e in generale il mondo necessiterà dei prodotti farmaceutici realizzati in Cina e India per sconfiggere davvero il coronavirus: è questo quello che Rory Horner, professore all’università di Manchester ed esperto dell’industria farmaceutica indiana, lascia intendere in un nuovo articolo su The Conversation facendo capire quanto la collaborazione tra i vari governi sia essenziale per raggiungere il risultato il prima possibile.
Il ricercatore cita anche le cosiddette “big pharma”, una locuzione con la quale si intende, almeno di solito, il gruppo di cui fanno parte le grandi aziende farmaceutiche del mondo, di solito americane ed europee.
Secondo Horner, la produzione farmaceutica in Cina e India sarà cruciale per tenere almeno sotto controllo la pandemia, qualsiasi sia il farmaco in questione, idrossiclorochina, remdesivir, farmaci basati su anticorpi o vaccini.
Il ricercatore spiega che la produzione di un farmaco avviene tramite due fasi: la prima vede la produzione di ingredienti farmaceutici attivi (API), la seconda vede la produzione di formulazioni, sostanze che vengono comminate con le API per trasformare il farmaco realizzato durante la prima fase in qualcosa di assimilabile nel corpo, ad esempio una compressa, un liquido, un unguento, eccetera.
E da oltre 10 anni la Cina è il più grande produttore di API del globo. Si stima, infatti, che in Cina si producono il 40% di tutte le API utilizzate nel mondo e che Cina e India messe assieme producono dal 75 all’80% delle API importate, in per esempio, negli Stati Uniti.
Inoltre l’India risulta il terzo maggiore produttori di prodotti farmaceutici nel mondo, molto spesso di farmaci non più coperti da brevetto e quindi aperti per la produzione e per la vendita da parte di qualsiasi azienda anche per il prezzo molto basso.
L’India risulta anche un produttore di vaccini importante: l’India Serum Institute, per esempio, è il più grande produttore di vaccini per volumi in tutto il mondo.
In uno scenario del genere, che vede una globalizzazione totale dell’industria farmaceutica, sono dunque naturali le preoccupazioni di paesi quali gli Stati Uniti ed altri europei, soprattutto nel corso di una pandemia come quelle corso.
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