Tre articoli scientifici provenienti dall’Iran, tutti pubblicati sul Journal of Antimicrobial Chemotherapy, si concentrano sull’utilizzo di sofosbuvir e daclatasvir, due farmaci per l’epatite C, per trattare la COVID-19. Questi ricercatori provenienti dall’Iran hanno infatti creato una pillola che contiene questi due farmaci e l’hanno testata in alcuni studi clinici.
Tra l’altro l’Iran è uno dei paesi asiatici più fortemente colpiti dalla piaga dell’epidemia causata dal coronavirus SARS-CoV-2 e di conseguenza è anche uno dei più attivi per quanto riguarda l’ambito di ricerca, in seno ai tentativi di arrivare ad una terapia antivirale efficace, ad oggi non ancora esistente per questo virus.
In uno dei tre studi i ricercatori hanno sperimentato la pillola su 66 pazienti dividendoli nel gruppo da trattare con i due farmaci e in quello di controllo. I ricercatori dichiarano di aver ottenuto un recupero clinico entro 14 giorni dall’inizio della terapia per l’88% delle persone nel gruppo del trattamento e per il 67% nel gruppo di controllo.
Gli stessi pazienti del gruppo del trattamento hanno mostrato una durata media del ricovero più breve rispetto a quella del gruppo di controllo (sei giorni rispetto ad otto giorni). Non venivano mostrati, inoltre, effetti collaterali gravi.
Sempre per quanto riguarda l’efficacia di sofosbuvir e daclatasvir per la COVID-19, i ricercatori hanno effettuato poi un altro studio dividendo stavolta i pazienti in un gruppo che riceveva questi due farmaci e in un altro che riceveva solo ribavirina.
Inoltre i partecipanti di entrambi i due gruppi ricevevano anche quello che ancora al momento è considerato come il trattamento standard nazionale in Iran e che prevede monodose di lopinavir/ritonavir e idrossiclorochina. Anche stavolta la durata media della degenza era più bassa per il gruppo sofosbuvir/daclatasvir (cinque giorni) rispetto al gruppo ribavirina (nove giorni).
Si tratta di risultati incoraggianti ma, considerando anche che i gruppi di persone testati erano abbastanza contenuti e limitati per quanto riguarda il numero ed altri fattori e caratteristiche, Shahin Merat, uno degli autori principale di uno degli studi, ritiene sia troppo presto per capire l’effettiva efficacia di questi farmaci per la COVID-19 e che sono necessarie ricerche più approfondite ed ampie: “È stata creata una rete di cinque studi clinici randomizzati, per testare sofosbuvir più daclatasvir in oltre 2000 pazienti con COVID-19, in Iran, Brasile, Egitto e Sud Africa. Entro ottobre, dovremmo sapere se questo trattamento potrebbe essere approvato per l’uso in tutto il mondo”.