COVID-19, occhi irritati uno dei sintomi oculari più comuni secondo studio

Credito: Timur Romanov, Unsplash, 3tazQ5Nx4cw

Gli occhi fortemente irritati dovrebbero essere considerati come un importante indicatore per la COVID-19 secondo uno studio apparso su BMJ Open Ophthalmology. Tramite un questionario posto a 83 persone che avevano avuto una diagnosi confermata di COVID-19, i ricercatori dell’Anglia Ruskin University (ARU) scoprivano che erano proprio gli occhi irritati ad essere uno dei sintomi più comuni durante il decorso della malattia come confermato dal 16% delle persone. I ricercatori, infatti, raffrontavano questo 16% con il 5% di coloro che riferivano di aver avuto gli occhi irritati prima di sapere di essere positivi.

Il 18% delle persone riferiva di aver sofferto di fotofobia, ossia di sensibilità alla luce, e questo rappresenta un aumento di solo il 5% rispetto a coloro che dichiaravano di avere sofferto di questo stesso sintomo prima della COVID-19. Questo indica che la frequenza degli occhi irritati era nettamente più alta durante la malattia rispetto allo stato pre-COVID e quindi gli occhi irritati possono essere considerati come il sintomo oculare più significativo sperimentato durante la COVID-19.

In totale, su 83 intervistati, l’88% riportava dei problemi agli occhi entro due settimane da altri sintomi COVID-19. I problemi agli occhi più comuni sperimentati dalle persone intervistate erano fotofobia (18 per cento), occhi irritati/doloranti (16%) e prurito agli occhi (17%).
I sintomi in generale più comuni per la COVID-19 erano, secondo le persone intervistate, affaticamento (91%), febbre (76%), perdita di olfatto/gusto (70%) e tosse secca (66%).

“Sebbene sia importante che i sintomi oculari siano inclusi nell’elenco dei possibili sintomi di COVID-19, riteniamo che gli occhi irritati dovrebbero sostituire la ‘congiuntivite’ poiché è importante differenziarli dai sintomi di altri tipi di infezioni, come le infezioni batteriche, che si manifesta come secrezione mucosa o occhi granulosi”, spiega Shahina Pardhan, l’autrice principale dello studio.
Gli stessi ricercatori, comunque, spiegano nell’abstract dello studio che il termine “congiuntivite” risulta avere un significato troppo ampio e che “dovrebbe essere usato con cautela”.

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