
Un team di ricercatori dell’Università Metropolitana di Osaka ha voluto verificare l’approccio secondo il quale l’insorgenza e la gravità dell’infezione da SARS-CoV-2, il virus che ha provocato la pandemia di COVID-19 in tutto il mondo, sia più grave negli anziani anche perché questi ultimi hanno una quantità e un livello di qualità della saliva ridotti.
Saliva contribuisce alla difesa contro SARS-CoV-2?
I ricercatori hanno quindi svolto un nuovo studio, pubblicato sul Journal of Biochemistry,[2] in cui suggeriscono che determinate cellule presenti nella saliva rilasciano varie proteine che contribuiscono alla difesa, da parte del corpo, contro questo virus.
Scoperte dei ricercatori
Come spiega il comunicato dell’Università metropolitana di Osaka, il team di ricercatori ha mostrato che la saliva delle persone sane, dunque quelle non infette da SARS-CoV-2, interferisce con il legame tra la proteina spike e l’ACE2 e questa interferenza dipende dalla concentrazione. Nel corso degli esperimenti hanno in particolare scoperto che quattro proteine presenti nella saliva si legano all’ACE2. Queste proteine ci sono l’elastasi neutrofila e l’istone H2A. Queste due proteine in particolare sembrano inibire in maniera marcata il legame tra la proteina spike del virus e l’ACE2 formando una sorta di barriera che rende più difficoltoso questo legame.
Neutrofili salivari
Katsutoshi Yoshizato, uno dei professori che ha guidato il team di studio, spiega: “Questo studio mostra che i neutrofili salivari sono moderatamente attivati da microrganismi indigeni e rilasciano continuamente una varietà di proteine, tra cui l’elastasi e l’istone H2A contribuiscono all’autodifesa contro l’infezione da SARS-CoV-2 mascherando il recettore ACE2 sull’ospite”. Secondo il ricercatore queste scoperte potrebbero rivelarsi utili non solo per contrastare meglio il SARS-CoV-2, e quindi la pandemia di COVID-19, ma anche per rendere più difficoltose le infezioni da parte di virus ancora sconosciuti in futuro.[1]