COVID-19, temperature simili in luoghi in cui inizialmente si è più diffuso

Mappa delle temperature mondiali da novembre 2018 a marzo 2019. I cerchi neri indicano le località con focolai significativi (con almeno 10 morti al 10 marzo 2020) (credito: Climate Reanalyzer, Climate Change Institute, University of Maine, USA)

I luoghi abitati che hanno visto focolai significativi di persone infette da COVID-19 hanno climi invernali simili: è quanto fa notare un nuovo studio, prodotto da ricercatori della Scuola di Medicina dell’Università del Maryland a Baltimora, pubblicato su SSRN.

Esaminando la trasmissione del virus nel globo, i ricercatori hanno compreso che si sta diffondendo in maniera coerente verso ovest con nuovi importanti epicentri lungo il corridoio da 30 a 50° Nord. Si tratta di una fascia del globo che comprende nazioni quali la Corea del Sud, il Giappone, l’Iran e l’Italia settentrionale.

Gli stessi studiosi fa notare che il virus sembra invece non essersi diffuso in maniera considerabile come significativa nei paesi a sud della Cina e in generale nel sud-est asiatico.
I ricercatori inoltre hanno notato una somiglianza nella temperatura media (da 5 a 11 °C) e nel livello di umidità relativa (dal 47 al 49%) nel mese di gennaio 2020 nell’area di Wuhan, in Cina, e nel mese di febbraio 2020 nelle altre aree colpite, tra cui l’Italia settentrionale.

Gli stessi ricercatori fanno inoltre notare che nessuno dei principali focolai in questi periodi aveva temperature minime inferiori a 0 °C.
Si tratta di un comportamento, questo del virus SARS-CoV-2 che provoca la COVID-19, “coerente con il comportamento di un virus respiratorio stagionale”, come fanno notare gli autori della ricerca nell’abstract.

Utilizzando sempre questa modellistica basata su aspetti meteorologici, potrebbe essere dunque possibile prevedere quelle regioni che hanno una probabilità maggiore disviluppare grossi focolai nel corso delle prossime settimane, secondo gli autori.

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