Dischi protoplanetari, astronomi ne studiano la chimica delle prime fasi

Rappresentazione artistica di un disco protoplanetario intorno ad una stella (credito: Karne L. Teramura, UH IfA)

Gli astronomi continuano a studiare molto attentamente i cosiddetti dischi protoplanetari, ossia quei dischi di materiali e gas che si formano intorno alle stelle e che ruotano vorticosamente intorno ad esse. Proprio da questi dischi, secondo la teoria principale, si formano i pianeti attraverso un processo di aggregazione gravitazionale della materia nel corso di milioni di anni.
Un nuovo studio, apparso sull’Astrophysical Journal, si interessa in particolare a quelle sostanze chimiche, presenti nei dischi protoplanetari, denominate “volatili”.

Si tratta di sostanze che evaporano molto facilmente e che di solito sono composte da molecole d’acqua, di monossido di carbonio, da azoto ed altre molecole organiche semplici.
Secondo gli astronomi la quantità delle sostanze volatili negli aggregati da cui poi nascono i pianeti è molto importante ed è un fattore chiave che determina la stessa atmosfera del pianeta e dunque l’idoneità alla vita per come la conosciamo. Attualmente la teoria principale prevede che queste sostanze volatili si congelino sulla superficie dei granelli di polvere i quali poi si accumulano sul piano medio più freddo del disco dove restano congelati. Tuttavia questi composti volatili si esauriscono in misura diversa. Ad esempio, sempre secondo la teoria più in voga, l’ossigeno è quello che si esaurisce prima, seguito dal carbonio e poi dall’azoto.

I ricercatori, utilizzando i dati raccolti da ALMA hanno analizzato i composti volatili in cinque giovani protopianeti e li hanno usati per creare dei modelli. Hanno scoperto che è invece il monossido di carbonio ad esaurirsi prima e a scomparire durante i primi 0,5-1 milione di anni della vita del disco planetario. Hanno poi scoperto anche che gli oggetti più giovani, mostrano delle firme chimiche diverse forse perché le molecole all’interno del disco vengono schermate dai raggi ultravioletti provenienti dalla stella che possono interrompere i legami a livello chimico.
Questo studio potrebbe rivelarsi molto importante per la comprensione dell’evoluzione a livello chimico dei dischi protoplanetari e dei cosiddetti protopianeti, i primi aggregati che sono alla base della nascita dei pianeti stessi.

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