
Secondo uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Southampton, pubblicato su Scientific Reports,[2] le donne in sovrappeso oppure sottopeso vanno incontro ad un rischio più grande di subire aborti ricorrenti rispetto alle donne con un peso nella media.
La definizione di aborto ricorrente, detto anche poliabortività, si applica per quelle donne che hanno subito tre o più aborti spontanei consecutivi prima della ventesima settimana di gravidanza.[3]
Si tratta di una condizione molto complessa, come riferisce il comunicato emesso dal sito della stessa Università di Southampton,[1] e per il 50% dei casi la causa viene ritenuta come “inspiegabile”.
Questo studio fornisce un’informazione importante al riguardo dimostrando che le donne sottopeso, ossia quelle con un punteggio dell’indice di massa corporea più basso di 18,5) e le donne sovrappeso (quelle con un indice di massa corporea tra 25 e 30) nonché le donne obese (quelle con lo stesso indice superiore a 30) vanno incontro a più casi di aborti successivi rispetto alle madri con peso nella media.
Come spiega Bonnie Ng, una ricercatrice della suddetta università inglese e prima autrice dello studio, questa ricerca si basa su 16 studi precedenti e mostra che squilibri relativi al peso corporeo possono aumentare, anche in maniera significativa, il rischio di due aborti consecutivi.
Secondo George Cherian, un esperto in ostetricia e ginecologia, nonché altro autore dello studio, anche se questa ricerca non ha scoperto collegamenti tra gli aborti ricorrenti e fattori derivanti dallo stile di vita (ad esempio il fumo, l’assunzione di troppa caffeina o di troppo alcooli), altri studi saranno necessari per chiarire il collegamento tra il peso corporeo e gli aborti ricorrenti.
“I nostri risultati suggeriscono che avere un BMI anormale esacerba il rischio di una donna di soffrire di aborti ripetuti, e quindi i medici devono davvero concentrarsi sull’aiutare le donne a gestire questo fattore di rischio”, spiega Ying Cheong, un professore di medicina riproduttiva a Southampton e autore senior dello studio.[1]