Esistono casi di gemelli identici che, pur avendo praticamente lo stesso DNA e, spesso, pur condividendo uno stile di vita più o meno simile, possono essere responsabili di casi che possono apparire strani: uno può sviluppare il diabete di tipo 2 e l’altro no. Secondo un nuovo studio condotto da ricercatori dell’Università di Lund, Svezia, alla base ci sarebbero delle particolari differenze nell’attività genica, differenze che causano lo sviluppo della malattia in uno dei due fratelli. Si tratta di una scoperta che potrebbe essere utile per sviluppare nuovi trattamenti proprio per questi casi eccezionali.[1]
Cambiamento epigenetico nella metilazione del DNA
Secondo il comunicato dell’Università svedese, i ricercatori hanno trovato, nei gemelli identici in cui uno ha sviluppato il diabete e l’altro no, un cambiamento epigenetico che fornisce nuovi indizi sul diabete stesso, come spiega Emma Nilsson, una delle principali dello studio.
Questi cambiamenti sembrano avvenire tramite la metilazione del DNA. Si tratta di un processo chimico importante che è alla base del funzionamento dei geni. Questo processo può essere comunque alterato da vari fattori esterni come la dieta, l’abitudine all’esercizio fisico e lo stress.[1]
Analizzarli campioni di grasso di varie coppie di gemelli
In questo caso, però, i ricercatori hanno analizzato questo processo in alcuni campioni bioptici di grasso prelevati da varie coppie di gemelli. I ricercatori scoprivano, in particolare, un gene che sembra essere responsabile della produzione di un tipo specifico di microRNA denominato microRNA-30. Questo microRNA sembrava meno attivo nei fratelli con diabete di tipo 2, in particolare nel tessuto adiposo. Tra l’altro i ricercatori hanno confrontato i risultati anche con individui senza fratelli gemelli e ciò mostra, secondo la Nilsson, che queste scoperte possono essere utili anche per il diabete in generale e non solo per i casi di gemelli identici.[1]
Esperimenti con cellule adipose in laboratorio
Inoltre i ricercatori hanno realizzato esperimenti con cellule adipose in laboratorio mostrando che quantità più basse di microRNA-30 facevano sì che le cellule avessero una capacità minore di assorbire glucosio.
Si tratta di una cosa che si vede anche nelle persone con il diabete di tipo 2, come spiega la Nilsson. I ricercatori vogliono eseguire altri esperimenti per approfondire ancora di più le in relazione al controllo della glicemia da parte del corpo. Si potrebbe pensare a nuovi trattamenti basati sulla microRNA il quale potrebbe essere usato come un principio attivo nei farmaci per trattare il diabete di tipo 2, come fa notare la ricercatrice.[1]