
L’eccezionale ritrovamento di parti di cranio di un bambino di Homo naledi, un ominide vissuto tra 335.000 e 236.000 anni fa, è stato effettuato nel sistema di grotte Rising Star, in Sudafrica. I ricercatori hanno riassemblato il cranio riuscendo a dare una forma alla faccia e alla testa. Secondo i ricercatori, l’individuo, poi denominato “Leti”, aveva tra i quattro e i sei anni ed è vissuto all’incirca 250.000 anni fa.
Primo cranio parziale di un bambino della specie Homo naledi
Si tratta del primo cranio parziale di un bambino di questa specie ominide mai individuato, una scoperta straordinaria perché permette ai ricercatori di ricostruire un’importante fase della vita di questa specie, quella dei primi anni di esistenza, perlopiù sconosciuta.
Trovati 28 frammenti di cranio e sei denti
I ricercatori, che non sanno se il bambino era maschio o femmina, hanno pubblicato due studi su PaleoAnthropology: il primo descrive il cranio e l’altro descrive perlopiù la storia del ritrovamento e la posizione all’interno del complesso sistema di grotte sudafricano.
La difficilissima ricostruzione del cranio è partita da 28 frammenti e sei denti. La ricostruzione è stata effettuata da un team guidato da Lee Berger, un professore dell’Università del Witwatersrand che tra l’altro ha scoperto questa specie per la prima volta solo nel 2015.
Resti trovati in un angusto loculo
I frammenti sono stati individuati in un angusto passaggio, stretto solo 15 centimetri, fatto di materiale calcareo. I ricercatori credono che il cranio del bambino sia stato messo in questo angusto loculo appositamente, cosa che indica che forse questa parte del sistema di grotte era un luogo di sepoltura per un gruppo di Homo naledi. Se è davvero così è un dato eccezionale: si credeva, infatti, che furono gli Homo sapiens ad aver cominciato per primi a seppellire i morti, o comunque a preoccuparsi della collocazione del corpo dei deceduti dopo la morte.
Il cranio non mostrava segni di ferita causati da animali carnivori o da animali spazzini. I ricercatori non credono neanche che sia stata all’acqua ad aver trasportato il cranio nella fenditura.
Collocazione dei resti resta un mistero
In effetti la collocazione dei resti del cranio resta un mistero: perché si trovano in una posizione così remota in questo complesso sistema di grotte? Per Berger è solo uno degli enigmi misteriosi che circondano l’Homo naledi. Quello che è certo è che si tratta anche di un ritrovamento fortunato: i resti di bambini ominidi così piccoli sono difficilissimi da trovare perché le ossa sono molto più sottili e fragili di quelle degli adulti.
Gli scavi per estrarre i frammenti dalle rocce calcaree sono stati molto impegnativi, come spiega Marina Elliott, l’autrice del secondo studio che ha guidato la squadra di scavo.
Uno degli ominidi più strani e misteriosi
L’ Homo naledi è uno degli ominidi più strani e misteriosi scoperti nel corso degli ultimi decenni. Era una specie abbastanza primitiva (il cervello non era più grande di un’arancia) e aveva una strana composizione delle ossa delle dita, la cui curva era molto accentuata. Per i ricercatori ciò significa che probabilmente era solito arrampicarsi. Tuttavia poteva utilizzare anche strumenti.
Da quando sono stati individuati i primi frammenti, più di 2000 altri frammenti per un totale di un paio di dozzine di individui sono stati scoperti dai ricercatori.
Note e approfondimenti
- Immature Hominin Craniodental Remains From a New Locality in the Rising Star Cave System, South Africa | PaleoAnthropology (IA) (DOI: 10.48738/2021.iss1.64)
- Expanded Explorations of the Dinaledi Subsystem, Rising Star Cave System, South Africa | PaleoAnthropology (IA) (DOI: 10.48738/2021.iss1.68)