
I tardigradi sono animali eccezionali. La loro capacità di sopravvivenza in ambienti e in situazioni estreme è nota ma l’interesse verso questi esseri viventi da parte della scienza è aumentato moltissimo nel corso degli ultimi anni. L’obiettivo è sempre lo stesso: capire, magari decodificando i loro aspetti genetici e cellulari, le loro proprietà per ottenere vantaggi per la nostra specie. Una cosa che, come spiega un comunicato dell’Università di Tokyo, ad oggi risulta ancora fantascienza ma abbiamo appena iniziato il percorso.
“Proteine citoplasmatiche solubili a caldo
I tardigradi possono resistere senza acqua per tempi improponibili per qualsiasi altro essere vivente, compresi i microrganismi.
I ricercatori dell’università giapponese hanno realizzato un nuovo studio confermando che particolari proteine, esistenti solo nei tardigradi e denominate “proteine citoplasmatiche solubili a caldo ” (cytoplasmic-abundant heat soluble, CAHS), sono quelle responsabili della protezione delle cellule dalla disidratazione. Le proteine CAHS percepiscono il livello di disidratazione delle cellule e cominciano a produrre filamenti gelatinosi. Con questi filamenti creano poi delle reti che supportano la struttura della stessa cellula man mano che perde acqua. Il processo è reversibile: in caso di reidratazione, i filamenti cominciano a ritirarsi ma a velocità graduale senza causare stress eccessivo sulle stesse cellule.
Scoperte potrebbero avere applicazioni interessanti
Si tratta di scoperte che potrebbero avere applicazioni interessanti. Ad esempio si potrebbero migliorare i metodi che oggi si usano per conservare i materiali cellulari e le biomolecole fino ad arrivare ad un punto in cui potrebbero essere conservate “a secco”. Tessuti biologici e forse anche interi organi da trapianto potrebbero essere conservati per tempi oggi improponibili.
Tutto sui tardigradi è affascinante
“Tutto sui tardigradi è affascinante. La gamma estrema di ambienti in cui alcune specie possono sopravvivere ci porta a esplorare meccanismi e strutture mai visti prima. Per un biologo, questo campo è una miniera d’oro”, spiega Takekazu Kunieda, professore del Dipartimento di Scienze Biologiche dell’Università di Tokyo che ha realizzato lo studio insieme all’autore principale Akihiro Tanaka, ricercatore nel suo laboratorio. Qual è il prossimo passo? Riuscire ad isolare e riattivare in laboratorio queste proteine per capire se è davvero possibile sfruttarle.