
È il più grande batterio mai scoperto quello descritto da un team di ricercatori in un nuovo studio apparso su Science,[1], come spiega un comunicato del Lawrence Berkeley National Laboratory. Si tratta di un “macro microbo”, un batterio filamentoso che è almeno 5000 volte più grande della maggior parte degli altri batteri, come spiega Jean-Marie Volland, uno scienziato del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) che ha partecipato allo studio.
Thiomargarita magnifica ha DNA molto più organizzato rispetto agli altri batteri
Anche il DNA sembra essere più organizzato rispetto a quello della maggior parte degli altri batteri. Per questi ultimi, infatti, il DNA “fluttua” praticamente in maniera libera dentro il citoplasma della cellula. Per il Thiomargarita magnifica (questo il nome scientifico assegnato alla nuova specie) il discorso è invece un po’ diverso. In questi batteri le copie del genoma si trovano all’interno di strutture con relativa membrana, una cosa che, secondo Volland, stupisce per un batterio.
Scoperto per la prima volta nel 2009 nelle mangrovie
Inizialmente il batterio era stato scoperto nel 2009 dal professore di biologia marina Olivier Gros, dell’Université des Antilles in Guadalupa. Il ricercatore stava cercando esseri viventi che ossidavano lo zolfo nei sedimenti di mangrovie (particolarmente ricche di questo elemento) quando si è imbattuto in questi batteri sconosciuti. Lo stesso Gros spiega che all’inizio ha pensato a degli strani filamenti bianchi che si attaccavano a sedimento come piccole foglie filiformi. Tuttavia nel corso dei due anni successivi lo scienziato ha condotto diversi studi microscopici per accorgersi che si trattava in effetti di un batterio procariote che ossidava lo zolfo.
Un ‘macro’ microbo affascinante
“Ci siamo resi conto che erano unici perché sembravano una singola cellula. Il fatto che fossero un ‘macro’ microbo era affascinante!”, Spiega Silvina Gonzalez-Rizzo, una professoressa associata di biologia molecolare all’Università delle Antille ed altra autrice dello studio. I ricercatori hanno sequenziato il gene del batterio onde classificarlo e l’hanno inserito nel genere Thiomargarita. La grandezza di questo batterio ora fa scaturire nuove ed insolute domande riguardanti i morfotipi batterici, come spiega la Gonzalez-Rizzo; la natura continua sempre a stupire anche dopo secoli di classificazioni scientifiche di esseri dalle forme e dalle caratteristiche più disparate e incredibili.
Complesse tecniche di microscopia
Per il nuovo studio i ricercatori hanno usato varie complesse tecniche di microscopia tra cui la tomografia ai raggi X e la microscopia a scansione laser confocale. In questo modo sono riusciti a visualizzare l’intero filamento che può essere lungo quasi 1 cm (la lunghezza massima era di 9,66 mm). Con le stesse tecniche ricercatori hanno avuto la conferma che si trattava di cellule giganti e non di filamenti multicellulari. I ricercatori hanno anche analizzato la complessità genomica di questo batterio. Si sono accorti che contengono almeno tre volte più geni rispetto alla maggior parte degli altri batteri e centinaia di migliaia di copie del genoma collocati un po’ in tutta la cellula, come spiega lo stesso Volland.
“Scoperta rivoluzionaria”
Sara Bender della Gordon and Betty Moore Foundation ritiene si tratti di una “scoperta rivoluzionaria” che sfida gli attuali paradigmi concernenti tutto ciò che sappiamo sulle cellule batteriche. Studi del genere, naturalmente, faranno avanzare anche la ricerca microbica in generale.