Una sorta di esca fatta di particolari polimeri ed utilizzata per decontaminare l’acqua è stata sviluppata da un gruppo di ricerca della Rice University. Il sistema è stato già testato nelle acque reflue e sembra che abbia funzionato: all’esca, che ha la forma di un tappetino, si è aggrappata una determinata tipologia di inquinante dell’acqua in modo che le fibre poliviniliche a base di biossido di titanio di cui la stessa esca è composta potessero trasformarlo, attraverso l’ossidazione, in sottoprodotti innocui.
È proprio questa la particolarità di questo sistema: è capace di rimuovere solo determinati inquinanti (nel caso sopra una coppia di interferenti endocrini biologicamente dannosi) e lo fa consumando quella che può essere considerata come una frazione dell’energia rispetto ai metodi più classici di depurazione delle acque.
Per rendere l’esca molto porosa, i ricercatori hanno aggiunto piccole perle di plastica che poi si sciolgono con sostanze chimiche. Questi pori fanno sì che l’ossido di titanio possa agire attendendo la “preda” in queste piccole cavità.
La stessa esca può essere pulita e riutilizzata più volte nonché ridimensionata a seconda dei bisogni. La sua chimica, poi, può essere regolata in modo che possa attrarre determinati inquinanti.
A sottolineare l’effettivo funzionamento di questo sistema è Pedro Alvarez, direttore del Centro di trattamento delle acque abilitato alla nanotecnologia (NEWT): “Non solo distruggiamo le sostanze inquinanti più velocemente, ma riduciamo anche in modo significativo la nostra energia elettrica per ogni ordine di reazione”.