
La costante cosmologica fu proposta da Albert Einstein per modificare le sue equazioni del campo gravitazionale e per ottenere, molto sostanzialmente, una soluzione che producesse un universo statico, in cui egli all’epoca credeva fortemente. Secondo un nuovo studio pubblicato per il momento in prestampa su arXiv,[1] il nostro universo potrebbe non essere l’unico e a dimostrarlo sarebbe il grafene, come riferisce un nuovo comunicato del Joint Quantum Institute.[2]
Potrebbero esserci altri universi oltre al nostro
I ricercatori hanno analizzato cosa accade quando impili due fogli di grafene uno sopra l’altro ottenendo risultati che sembrano suggerire che potrebbero esserci altri universi oltre al nostro. Diversi dei fenomeni che lo dimostrerebbero apparterebbero proprio al mondo della fisica delle particelle elementari come conseguenza di due universi quasi identici che interagiscono in qualche modo.
I ricercatori Alireza Parhizkar e Victor Galitski spiegano infatti di aver trovato una divergenza tra i valori della costante cosmologica, un concetto poi ripreso nel corso degli ultimi anni (non per spiegare la staticità dell’universo ma l’accelerazione della sua espansione), e una stima teorica della sua quantità.
Valore della costante cosmologica
I ricercatori hanno scoperto che l’effettivo valore della costante cosmologica che si può calcolare analizzando la velocità dell’espansione dell’universo risulta essere almeno 120 ordini di grandezza più basso rispetto alla stima che si può fare teoricamente e utilizzando la teoria quantistica dei campi (e assumendo che essa sia corretta).[3]
Fogli di grafene producevano “piccoli universi”
I ricercatori sono giunti a queste conclusioni analizzando i fogli di grafene, strati spessi un solo atomo di carbonio con uno schema strutturale esagonale ripetuto. Si sono accorti che gli esperimenti relativi alle proprietà elettriche dei fogli di grafene impilati producevano dei “piccoli universi”, un fenomeno che, secondo i due ricercatori, potrebbe interessare anche altri campi della fisica.
I nuovi comportamenti elettrici individuati dagli scienziati sono da addebitare alle influenze reciproche tra i singoli fogli. Si tratta di effetti che potrebbero eventualmente essere applicati anche nelle teorie cosmologiche e quindi all’intero universo. La nostra realtà potrebbe essere solo la metà di una coppia di universi interagenti.[2]
Schemi dei fogli di grafene impilati possono ripetersi per lunghezze enormi
Secondo i ricercatori gli schemi interessanti che emergono dai fogli di grafene impilati possono ripetersi per lunghezze enormi e c’è un caso strutturale particolare, denominato “grafene ad angolo magico”, in cui un particolare schema sembra ripetersi in modo da consentire nuovi interessanti comportamenti fisici, tra cui la superconduttività. In tal senso lo schema di due fogli di grafene impilati può essere interpretato come la fisica esistente tra due universi bidimensionali in cui gli elettroni passano, occasionalmente, da un universo all’altro. I ricercatori hanno generalizzato la matematica dietro a queste concezioni applicandola anche ad universi in tre o più dimensioni, come il nostro che è quadrimensionale.
Idea entusiasmante e ambiziosa, forse troppo grande per essere vera
È “un’idea entusiasmante e ambiziosa”, spiega Galitski, professore di fisica teorica al JQI. Anzi, secondo i ricercatori, risulterebbe addirittura “quasi sospetto” che questi modelli funzionino in modo da predire cose come le caratteristiche fondamentali del cosmo tra cui l’inflazione e le particelle di Higgs.
Secondo Parhizkar una cosa positiva degli studi che lui e il collega stanno portando avanti risiede nel fatto che la teoria che c’è dietro risulta “falsificabile sperimentalmente”, una cosa positiva. Secondo la ricercatrice se le teorie sviluppate in questo studio non vengono falsificate, la cosa risulterà interessantissima in quanto sembrano risolvere un problema importante, quello della costante cosmologica, oltre al fatto che descrivono diverse parti importanti della fisica. Ma la stessa ricercatrice ammette che si tratta di idee forse troppo grandi per essere vere.[3]