Esistenza di altri 301 pianeti confermata grazie a intelligenza artificiale

Credito: Who is Danny, Shutterstock, ID: 1923574931

È un numero altissimo di nuovi pianeti quelli confermati da parte di un team di ricercatori grazie ad una tecnica che prevede l’utilizzo di una nuova rete neurale profonda e nuovi algoritmi informatici. I ricercatori hanno infatti confermato altri 301 pianeti i quali si uniscono ai 4569 già convalidati. Si tratta di esopianeti, ossia pianeti che si trovano oltre il sistema solare e che orbitano intorno alle altre stelle.

Rete neurale profonda ExoMiner

I ricercatori hanno usato la rete neurale profonda denominata ExoMiner. Si tratta, in sostanza, di un software di apprendimento automatico che può cercare degli schemi in una moltitudine di dati trovando determinati oggetti che seguono determinati parametri.
Perché questa ricerca non può essere effettuata dagli esseri umani? In effetti può essere effettuata anche da esseri umani; il problema è che i dati sono tantissimi e si sta pensando di fare un ricorso più massiccio all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per abbreviare i tempi. In questo caso, i ricercatori, a fronte dell’enorme mole di dati, hanno dovuto usare un supercomputer della NASA, il Pleiades. Il tutto per distinguere i falsi positivi da quelli che possono essere vedi pianeti.

Dati raccolti dal telescopio spaziale Keplero

I dati sono quelli raccolti negli anni passati dal telescopio spaziale Keplero della NASA. Questo telescopio ha raccolto i dati di migliaia e migliaia di possibili esopianeti. La sola raccolta dei dati, però, non può determinare l’esistenza di un pianeta. Nella stragrande maggioranza dei casi c’è bisogno di un controllo umano per la conferma, un compito molto dispendioso vista l’enorme mole di dati.

Nessun mistero sull’algoritmo

Non è la prima volta che si usa un software di apprendimento automatico per confermare l’esistenza di un pianeta ma in questo caso, rispetto agli altri algoritmi, non ci sono misteri relativi alle modalità che lo stesso algoritmo usa.
In effetti in molti casi il procedimento che questi complessi algoritmi usano non è chiarissimo neanche a chi li ha creati. Semplicemente “si allenano” su un enorme set di dati per poi riuscire a trovare delle combinazioni utili. In questo caso gli scienziati dell’Ames Research Center della NASA possono spiegare, e lo hanno fatto in un nuovo studio pubblicato sull’Astrophysical Journal, le principali caratteristiche dell’algoritmo che hanno utilizzato e come fa a decidere se un pianeta effettivamente esiste oppure no.

Algoritmo più affidabile anche degli esseri umani

Un pianeta “confermato” è un pianeta la cui esistenza non può più essere messa in dubbio. La convalida avviene usando le statistiche in base alle quali si può dire quanto è probabile che un oggetto scoperto, ad esempio tramite il metodo del transito che è quello utilizzato dal telescopio Keplero, sia un pianeta o no.
“Quando ExoMiner dice che qualcosa è un pianeta, puoi stare certo che è un pianeta”, spiega Hamed Valizadegan, uno dei responsabili del progetto che ha portato alla conferma di altri 301 pianeti. Valizadegan spiega che si tratta di un algoritmo molto accurato, più affidabile anche degli esseri umani.

Scienziati vogliono applicare l’algoritmo anche ai dati raccolti dal telescopio TESS

Ora i ricercatori vogliono usare l’algoritmo anche con i dati dell’altro grande telescopio spaziale che sta raccogliendo tantissimi dati relativi a possibili pianeti: il telescopio TESS. La possibilità è che in futuro le scoperte di nuovi pianeti extrasolari diventino cosa pressoché quotidiana.

Condividi questo articolo

C’è un errore?

Hai trovato un errore in questa pagina? Segnalacelo!

Disclaimer notizie

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. L’autore non è responsabile di altri siti collegati tramite link né del loro contenuto che può essere soggetto a variazioni nel tempo.

Notizie scientifiche.it usa i cookie per migliorare l'esperienza di navigazione (Leggi di più)


Dati articolo