Esperienze di premorte, studio ne spiega origine evolutiva

Credito: Tumisu, Pixabay, 5640540

Le esperienze di premorte non sono una novità: ci sono testimonianze provenienti da varie parti del mondo o inerenti a vari periodi storici e a diversi background culturali. Il valore a livello biologico delle esperienze premorte è sempre stato discusso. Secondo un nuovo studio, pubblicato su Brain Communications,[2] le esperienze di premorte sarebbero un meccanismo biologico scaturito dall’evoluzione stessa. Questo meccanismo deriverebbe da un comportamento che diverse specie animali mettono in atto quando si trovano di fronte ad un predatore, la tanatosi.

Che cos’è la tanatosi

La tanatosi è quel fenomeno comportamentale vede un animale attuare un particolare meccanismo di difesa per difendersi da un predatore. In sostanza l’animale tende a fingersi morto e ciò migliora, come le statistiche hanno dimostrato, le probabilità di sopravvivenza di diverse specie. Si tratta, molto probabilmente, come spiega Daniel Kondziella, uno degli autori dello studio, di uno dei più antichi metodi messi in atto dalla vita per difendersi.
Come spiega Charlotte Martial, una neuropsicologa del Coma Science Group dell’Università di Liegi, Belgio, una delle autrici dello studio, questa nuova ricerca mostra che la stessa tanatosi è una strategia che sostanzialmente sembra essersi preservata in quasi tutte le specie viventi, dagli insetti ai mammiferi, e, molto probabilmente, anche negli esseri umani.[1]

Fenomeno presente negli umani ancora oggi

Lo studio, secondo la ricercatrice, mostra che questo comportamento è insito negli esseri umani ancora oggi. La tanatosi e le esperienze di premorte, sono fenomeni che possono essere sperimentati, per esempio, da esseri umani sotto attacco di grandi animali oppure dopo incidenti stradali: “Inoltre, mostriamo che la fenomenologia e gli effetti della tanatosi e delle esperienze di pre-morte si sovrappongono”, rivela la ricercatrice.[1]

La tanatosi risulta la base evolutiva delle esperienze premorte

In sostanza, come afferma Steven Laureys, un neurologo a Liegi ed altro autore dello studio, la tanatosi risulta la base evolutiva delle esperienze premorte e quindi queste ultime, in effetti, avrebbero uno scopo biologico da ricondurre al beneficio della sopravvivenza.
Ma come mai negli esseri umani le esperienze di premorte, derivanti dal fenomeno comportamentale della tanatosi, sono così complesse a livello neurobiologico? In effetti negli esseri umani le esperienze di premorte sono costituite da complessi meccanismi cerebrali.

Tanatosi sviluppatasi negli umani in maniera molto più complessa

Secondo i ricercatori la complessità del cervello umano e in particolare l’acquisizione del linguaggio ci ha permesso di trasformare un evento meramente simulativo a livello comportamentale, come la tanatosi, ad un complesso fenomeno fatto di ricche percezioni che si crea un’esperienza di premorte che si estende e va ben al di là di una situazione predatoria.
Inoltre, come fa notare Kondziella, i meccanismi cerebrali che vengono attuati durante la tanatosi per fingere uno stato di morte non sono poi così diversi da quelli che sono stati suggeriti per quanto riguarda l’induzione di un’esperienza di premorte. Tra questi meccanismi, secondo il ricercatore, ci sarebbero i rapidi movimenti degli occhi tipici del sonno durante la veglia: “Ciò rafforza ulteriormente l’idea che i meccanismi evolutivi siano un’importante informazione necessaria per sviluppare un quadro biologico completo per le esperienze di pre-morte”, spiega il ricercatore.[1]

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