
C’è una forte sottoutilizzo dei medicinali salvavita che possono prevenire altri eventi di infarti a seguito di un primo vento, farmaci che nella maggior parte dei casi possono salvare la vita. È questo il risultato di un nuovo studio che sarà presentato al 30º Congresso Internazionale di Cardiologia della Grande Muraglia (GW-ICC).
Nello studio si parla dei farmaci beta-bloccanti che possono aiutare a prevenire gli infarti abbassando la pressione sanguigna e rallentando i battiti cardiaci. Questa funzione è dovuto al fatto che bloccano l’azione di alcuni ormoni tra cui l’adrenalina. I farmaci beta-bloccanti sono usati per varie condizioni del cuore, in primis per l’infarto, o per l’angina stabile, una patologia che si verifica quando le arterie vicino al cuore si restringono e che tra l’altro apporta anche un certo livello di dolore al petto.
Lo studio ha analizzato 13.375 pazienti. I dati provenivano da 67 diversi istituti ospedalieri presenti in 24 centri cittadini della Cina. I pazienti soffrivano o avevano sofferto di infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto “ST” (STEMI), infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto “ST” (NSTEMI) o angina instabile.
I ricercatori scoprivano che la maggior parte dei pazienti che dovevano assumere beta-bloccanti una volta lasciato l’ospedale non ricevevano più dosi ottimali.
Come spiega Jingjia Wang, ricercatore dell’Accademia cinese delle scienze ed uno degli autori dello studio, questi farmaci sono molto importanti e sono stati utilizzati per decenni, tuttavia questo studio mostra che molti pazienti, per un motivo o per un altro, cominciano a non assumerli più una volta lasciati l’ospedale oppure ad assumerli a dosi troppo basse.
Lo stesso ricercatore notava anche che i tassi stessi di prescrizioni di questi farmaci alla dimissione dall’ospedale risultavano troppo bassi, cosa che dimostrava che anche i medici non sono sicuri dei vantaggi degli aumenti di dose.
Per rassicurare medici e addetti alle prescrizioni potrebbero essere utili altri studi che analizzino meglio le risposte del corpo ai vari livelli di dosi di questi farmaci, rileva lo stesso ricercatore.
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