
Enormi blocchi di ghiaccio marino che si sono sciolti nell’Artico e sono poi defluiti nell’Atlantico settentrionale hanno contribuito, durante varie fasi in passato ma soprattutto da 8.000 a 13.000 anni fa, allo sviluppo di bruschi cambiamenti climatici a seguito dell’ultima era glaciale.
È quanto ritengono alcuni ricercatori dell’Università del Massachusetts di Amherst e del Woods Hole Oceanographic Institution che hanno pubblicato il proprio studio su Geology.
Dopo la fine dell’ultima era glaciale, ci sono state infatti diverse fasi fredde che la maggior parte dei ricercatori ha avuto difficoltà a spiegare.
In particolare un periodo molto freddo, avvenuto circa 12.900 anni fa, conosciuto come il Dryas recente, è risultato in tal senso abbastanza problematico da spiegare tanto che diversi scienziati hanno proposto impatti di meteoriti o pesanti eruzioni vulcaniche globali per spiegare il cambiamento.
Qualcuno ha anche pensato che ad innescare il Dryas recente sia stato il prosciugamento del lago Agassiz, un grande lago glaciale che si trova nei pressi della calotta di ghiaccio che si estendeva in passato dal sud dell’Artico fino all’area dell’odierna New York.
Secondo Alan Condron e Raymond Bradley, due degli autori dello studio, sarebbe invece la rottura periodica del ghiaccio del Mar glaciale Artico ad influenzare notoriamente il clima globale e ad indurre a questi periodi freddi.
Questo ghiaccio, sciogliendosi, provocherebbe inondazioni di acqua dolce nei mari nei pressi della Groenlandia, della Norvegia e dell’Islanda, cosa che sarebbe avvenuta più volte tra 13.000 e 8000 anni fa.
Questi processi avrebbero rallentato un’importante corrente oceanica denominata “capovolgimento meridionale della circolazione atlantica” (AMOC), che porta acqua salina calda verso il nord dell’Atlantico e spinge acqua dolce fredda a sud.
Il quantitativo di acqua fredda e fresca, in particolare, sarebbe stato così alto durante queste fasi da innescare bruschi raffreddamenti globali, come quello del Dryas recente.
Si tratterebbe di un quantitativo così alto che supererebbe anche l’ipotesi del lago Agassiz, il cui quantitativo di acqua non sarebbe stato sufficiente ad innescare un fenomeno di raffreddamento globale.
“I nostri risultati mostrano che il ghiaccio proveniente dall’Oceano Artico stesso potrebbe aver svolto un ruolo importante in causando bruschi cambiamenti climatici in passato”, spiegano i ricercatori.
Anche perché in passato l’Oceano Artico era coperto da strati di ghiaccio molto più spessi di quelli che abbiamo potuto vedere negli ultimi decenni, diventati sempre più piccoli a causa del riscaldamento globale in corso. Quantitativi di acqua dolce così grandi da riuscire a rallentare l’AMOC e introdurre globalmente un clima più fresco.