
Un team di ricercatori dell’Università della California a Irvine ha calcolato che entro il 2100 ci sarà una sostanziale aumento del fitoplancton negli oceani.
Hanno ottenuto questo risultato tramite un modello eseguito con una rete neurale e la stessa conclusione si è rivelata per ricercatori “sorprendente”.
Le popolazioni di fitoplancton cresceranno soprattutto nelle acque a bassa latitudine, un risultato inaspettato che contrasta con la convinzione di molti scienziati della comunità scientifica internazionale secondo la quale i cambiamenti climatici in corso renderanno grosse aree degli oceani, in particolare quelle tropicali, non molto ospitali per il fitoplancton.
Il fitoplancton è uno dei componenti del plancton. È fatto da microrganismi molto piccoli (la maggior parte di essi non è individuabile neanche ad occhio nudo) ma sono in numero così elevato che rappresentano una parte fondamentale degli ecosistemi degli oceani tutto il mondo.
Nel nuovo studio, pubblicato su Nature Geoscience, viene spiegato come il metodo tradizionale per misurare il plancton presente nei mari, quello fatto misurando la clorofilla dell’acqua, non è adattissimo per misurare tutta la quantità di plancton.
Lo spiega, nel comunicato stampa che presenta lo studio, Adam Martiny, autore senior della ricerca nonché professore di oceanografia: “Il problema è che la clorofilla non è tutto ciò che si trova in una cellula, e in realtà a basse latitudini, molti plancton sono caratterizzati da una quantità molto piccola; con così tanta luce solare, il plancton ha bisogno solo di alcune molecole di clorofilla per ottenere abbastanza energia per crescere. In realtà, finora abbiamo avuto pochissimi dati per dimostrare effettivamente se c’è o meno più o meno biomassa nelle regioni in fase di stratificazione. Di conseguenza, la base empirica per meno biomassa nelle regioni più calde non è così forte.”
I ricercatori dunque hanno condotto un nuovo tipo di censimento relativo al fitoplancton presente nelle regioni calde analizzando campioni di acqua prelevate da 10.000 diverse località in tutto il mondo.
Con questo metodo sono riusciti a misurare con maggiore efficienza anche la presenza del cosiddetto “picofitoplancton”, costituito da microorganismi 10 volte più piccoli, in diametro, rispetto ai microrganismi del plancton. I microrganismi del picofitoplancton costituirebbero, secondo i ricercatori, dall’80 al 90% della biomassa dello stesso plancton nella maggior parte delle regioni tropicali e calde.
Utilizzando l’apprendimento automatico, i ricercatori hanno poi creato un modello per capire i cambiamenti della quantità del plancton nelle aree tropicali tra la data odierna e il 2100 notando un aumento del 10-20% della biomassa.
Secondo i ricercatori, una delle spiegazioni potrebbe stare nel fatto che quando il plancton muore non sparisce subito ma resta nelle acque un po’ più a lungo se vive in aree più caldi e tropicali. Proprio per questo possono essere cibo per altri plancton i quali riciclano questi nutrienti per costruire nuova biomassa.
Approfondimenti
- Global picophytoplankton niche partitioning predicts overall positive response to ocean warming | Nature Geoscience (IA) (DOI: 10.1038/s41561-019-0524-2)