
Il batterio Francisella tularensis, un batterio molto infettivo, così potente in termini di pericolosità infettiva che viene considerato come una minaccia bioterroristica, può rimanere virulento, e quindi può ancora infettare, anche dopo diversi mesi in acqua fredda e con pochi nutrienti[1] secondo un nuovo studio pubblicato su Applied and Environmental Microbiology.[2]
Questo batterio non si diffonde direttamente tramite il contatto umano ma gli esseri umani possono comunque contrarre la relativa malattia, detta tularemia respiratoria, o febbre del coniglio, una patologia mortale. È stato stimato che un essere umano inalando solo 10 di questi batteri, ad esempio tramite l’aria, possono già contrarre la malattia.[1]
Per comprendere meglio il ciclo di vita di questo batterio, il professore della Northern Arizona University David Wagner, tra l’altro direttore del Biodefense and Disease Ecology Center del Pathogen and Microbiome Institute (PMI), hanno condotto un progetto di studi triennale sovvenzionato dalla Defense Threat Reduction Agency (DTRA) statunitense.[1]
Quello che già si sapeva di questo batterio e che è capace di restare in una fase “dormiente”, una fase durante la quale resta vitale e quindi può indurre ancora l’infezione anche se, in questa condizione, non può essere coltivato in laboratorio. Proprio questa caratteristica rende molto difficile lo studio.
Nel corso degli esperimenti i ricercatori hanno dimostrato che questo batterio può resistere per mesi in acqua fredda con basso contenuto di nutrienti potendo contare praticamente sullo stesso potenziale di virulenza.[1]
Questo studio, dunque, conferma che questo batterio può resistere senza grossi problemi nell’ambiente al di fuori di un ospite mammifero oppure di un vettore (sostanzialmente gli artropodi). Si tratta di un risultato per certi versi inaspettato perché molti batteri simili, di quelli che riescono a resistere fuori dagli organismi, nell’ambiente naturale, per lungo tempo tendono a produrre delle spore, come il Bacillus anthracis, il batterio dell’antrace. Tuttavia il Francisella tularensis può resistere a lungo termine dell’ambiente al di fuori di un ospite e senza produrre spore ma rimanendo sostanzialmente intatto.[1]
“Questi risultati dello studio hanno completamente cambiato la nostra prospettiva sull’ecologia di questo batterio. Ora capiamo che i mammiferi sono probabilmente solo un piccolo (ma comunque importante) aspetto della sua strategia di sopravvivenza. Ora pensiamo che trascorra la maggior parte del suo tempo nell’ambiente al di fuori di un ospite e causa solo periodicamente malattie nei mammiferi”, spiega Wagner. Secondo il ricercatore, in ogni caso, i mammiferi restano ancora molto importanti per questo batterio in quanto, quando esso si trova all’interno del corpo vivo di un mammifero, comincia a riprodursi e dunque viene determinata anche la quantità di batteri che poi vengono depositati nell’ambiente.[1]
Ora i ricercatori stanno studiando i geni e le proteine di questo pericoloso batterio per capire come fa a resistere in un ambiente così inospitale. Al momento si sa che gli esseri umani possono restare infettati tramite punture di insetti, bevendo acqua contaminata, entrando in contatto con animali infetti e respirando particelle di aerosol che contengono questi batteri. Tuttavia sembra che la trasmissione da umano a umano non sia possibile. Al momento non esiste un antibiotico e la relativa malattia, per il momento ancora molto rara, viene trattata con antibiotici.[1]
Note e approfondimenti
- NAU scientists: Bacterium causing deadly rabbit fever remains virulent for months in cold water – NAU News (IA)
- Long-Term Survival of Virulent Tularemia Pathogens outside a Host in Conditions That Mimic Natural Aquatic Environments | Applied and Environmental Microbiology (IA) (DOI: 10.1128/AEM.02713-20)