
I bruchi possono aumentare le emissioni di anidride carbonica negli ambienti lacustri tramite un effetto a catena basato sulle norme consumo di foglie che possono mettere in atto: è questa la sorprendente conclusione di uno studio realizzato da ricercatori dell’Università di Cambridge.
Lymantria dispar dispar e Malacasoma disstria
I focolai di bruchi delle due specie di falene Lymantria dispar dispar e Malacasoma disstria, note mangiatrici di foglie, tendono a verificarsi all’incirca ogni cinque anni negli ambienti temperati forestali. I ricercatori hanno scoperto che questi bruchi possono masticare e consumare così tante foglie da alterare l’ambiente che li circonda.
Escrementi lichi di azoto nei laghi
Come le osservazioni che hanno effettuato dimostrano, il massiccio aumento degli escrementi di questi insetti può alterare il ciclo di nutrienti, in particolare quello dell’azoto e del carbonio, negli ambienti lacustri e lo possono fare su vasta scala.
Gli escrementi di questi bruchi, infatti, sono ricchi di azoto. Una volta nell’acqua, fanno da fertilizzante per i microbi. Questi ultimi poi rilasciano più anidride carbonica nell’atmosfera quando metabolizzano l’azoto degli escrementi dei bruchi. Ne consegue una maggiore produzione di gas serra nelle zone dei laghi e una diminuzione delle alghe, utili per rimuovere l’anidride carbonica dall’aria.
Effetto a catena che aumenterà gas serra
Andrew Tanentzap, ricercatore del Dipartimento di Scienze delle piante dell’Università di Cambridge, spiega che fondamentalmente questi insetti convertono le foglie, particolarmente ricche di carbonio, in escrementi ricchi di azoto. Gli escrementi vanno a finire nei laghi e la chimica dell’acqua cambia. Questo effetto a catena non farà altro che aumentare il ruolo dei laghi nella produzione di gas serra dannosi per l’ambiente.
Il fatto è che con i cambiamenti climatici in corso si prevede l’aumento di insetti come le due specie di falene succitate. Oltre ad espandersi, queste colonie si sposteranno sempre più verso nord e ciò farà sì che le foreste settentrionali saranno sottoposte in futuro ad una vera “epidemia di defogliazione”, come denominata nel comunicato dell’Università di Cambridge. Ciò, a sua volta, porterà ad un maggiore rilascio di CO2, in particolare nelle aree dei laghi. E andando verso nord ci sono più laghi d’acqua dolce e quindi l’effetto, secondo i ricercatori, sarà ancora più amplificato.