La generazione dei cosiddetti millennial, ossia di coloro che sono nati tra gli anni 80 e gli anni 90 del secolo scorso, è quella più disillusa nei confronti della democrazia come forma di governo se confrontata con tutte le altre, inclusa la generazione X o quella dei baby boomer (nella stessa fase dell’esistenza).
È il risultato interessante di uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Cambridge che sottolinea quanto sia in declino molto forte l’accondiscendenza nei confronti della democrazia per quanto riguarda i giovani tra i 18 e i 34 anni e ciò vale per tutte le regioni del mondo o quasi.
I dati sono stati ottenuti dai ricercatori collaborando con il progetto HUMAN Surveys. In totale si sono serviti dei dati di 5 milioni di persone intervistate in più di 160 paesi tra il 1973 e il 2020. Tra le domande c’era anche quella relativa al loro grado di soddisfazione per la democrazia all’interno del loro paese.
Si tratta della prima generazione, a memoria d’uomo, che è per la maggioranza insoddisfatta del modo in cui funziona la democrazia per quanto riguarda la fascia di età tra i 20 e i 30 anni, come spiega Roberto Foa, l’autore principale dello studio.
“Verso i 35 anni, il 55% dei millennial globali afferma di essere insoddisfatto della democrazia, mentre meno della metà della generazione X (nati negli anni 70, n.d.r.) si sentiva allo stesso modo a quell’età. La maggior parte dei baby boomer – ora tra i sessanta e settanta anni – continua a riferire soddisfazione per la democrazia, così come la generazione tra le due guerre”, spiega il ricercatore.
La fiducia verso la democrazia sarebbe diminuita in maniera drastica a seguito della forte crisi finanziaria del 2008.
In ogni caso i motivi di base che giustificano la mancata fiducia verso questa forma di governo restano sempre quelli legati alla cosiddetta “esclusione economica”: i millennial, così come anche gli esponenti della generazione X, sono caratterizzati dall’aver vissuto in un periodo di forte disoccupazione giovanile e di diseguaglianza della ricchezza, a livelli mai visti prima, e ciò è alla base della loro insoddisfazione di fondo.
Lo dimostra anche il fatto che l’atteggiamento di sfiducia nei confronti della democrazia è più accentuato in quei paesi in cui è più forte la diseguaglianza economica, come gli Stati Uniti, rispetto ad altri paesi in cui la distribuzione della ricchezza è più piatta, come l’Islanda o l’Austria.
“Maggiori oneri del debito, minori probabilità di possedere una casa, maggiori sfide nell’avviare una famiglia e il fare affidamento sulla ricchezza ereditata piuttosto che sul duro lavoro e sul talento per avere successo sono tutti fattori che contribuiscono al malcontento dei giovani”, spiega ancora Foa.