
In uno studio pubblicato su Nature Communications, un gruppo di ricercatori dell’Università di Cardiff mostra come il ghiaccio marino abbia rivestito un ruolo di primo piano per ciò che concerne i livelli delle calotte glaciali e in generale per ciò che riguarda la situazione climatica terrestre, almeno per quanto riguarda gli ultimi milioni di anni.
Le ere glaciali della Terra, che durante gli ultimi milioni di anni si sono verificate ad intervalli di ogni 40.000 anni, risultano per i climatologi abbastanza prevedibili. C’è solo un piccolo problema, relativo ad un particolare periodo, denominato “transizione del medio Pleistocene” e risalente a circa un milione di anni fa, in cui questi cambiamenti di fase avvenivano non più ogni 40.000 anni ma ogni 100.000 anni.
I ricercatori hanno quindi ricreato le condizioni del ghiaccio marino durante questa specifica fase della storia della Terra e hanno in particolare tracciato alcune molecole prodotte da minuscole alghe marine conservatesi nei sedimenti oceanici. Gli scienziati hanno compreso che a portare la durata degli intervalli tra le ere glaciali da 40.000 a 100.000 anni era stata proprio l’estensione maggiore dei ghiacci marini.
Secondo Henrieka Detlef, ricercatrice impegnata nello studio, prima del periodo del Pleistocene medio le fasi relative all’accumulo e alla diminuzione del ghiaccio marino nel corso delle ere glaciali erano più graduali mentre nel tardo Pleistocene si è registrato una sorta di picco dell’estensione del ghiaccio marino.
Una quantità di ghiaccio nel mare maggiore porta ad una quantità minore di acqua che evapora nell’atmosfera, dunque ad un livello minore di umidità e ad un ritiro dei ghiacciai continentali.
La ricerca mostra chiaramente “che il ghiaccio marino svolge un ruolo fondamentale nella transizione da un’età glaciale a una fase calda ogni 100.000 anni”, come specifica la Detlef.