È da tempo che il cervello umano viene preso come modello per l’ideazione di nuove tipologie di computer. Un team di ricercatori dell’Università di Nagoya, Giappone, ha realizzato un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Carbon, in cui si spiega come è possibile utilizzare il grafene e il diamante per imitare alcune importanti funzioni del nostro cervello.
Le architetture informatiche odierne, infatti, sono sempre più complesse e dunque sempre meno scalabili. Questo vuol dire che scrivere software o anche solo programmare sistemi operativi per macchine del genere diventa sempre più difficoltoso.
- Cervello umano e informatica: un rapporto sempre più proficuo
- Plasticità sinaptica
- Memristori e fotomemristori
- Giunzioni grafene-diamante
- Corrente postsinaptica eccitatoria e transizione da memoria a breve termine a quella lungo termine
- Il nostro cervello è ben attrezzato per setacciare le informazioni
- Note e approfondimenti
Cervello umano e informatica: un rapporto sempre più proficuo
E qui entra in gioco il cervello umano: questo nostro organo è infatti abilissimo a elaborare dati molto complessi, quelli per i quali c’è bisogno di una sorta di “riconoscimento” (anche se non è molto veloce, rispetto ai computer, nell’elaborare dati schematici in sequenza). È per questo che gli scienziati stanno tentando di escogitare nuove architette informatiche di tipo “neuromorfico” proprio per far lavorare i computer come le reti neurali umane.
Plasticità sinaptica
Una delle funzioni che gli esperti informatici tendono ad imitare di più è la cosiddetta plasticità sinaptica: è la capacità del cervello, o meglio delle sinapsi, i collegamenti tra i vari neuroni, di adattarsi alle situazioni, ad esempio per aumentare o diminuire la propria attività.
Si pensa che, imitando questa particolare funzione, si possano facilitare gli algoritmi di intelligenza artificiale, in particolare quelli di riconoscimento, ad esempio delle immagini.
Memristori e fotomemristori
Una funzione simile, almeno per il momento, viene ricreata attraverso i memristori, particolari chip elettronici con resistenza memorizzabile e programmabile. In particolare stanno avendo ampio risalto i cosiddetti “fotomemristori”, memristori che possono sia usare la luce sia lavorare come memoria non volatile. Queste caratteristiche permettono a questi chip di lavorare come la percezione visiva e la memoria umana.
Giunzioni grafene-diamante
I ricercatori dell’università giapponese hanno progettato delle giunzioni grafene-diamante che possono permettere ai memristori di imitare proprio queste caratteriste dighe biologiche. Si tratta di uno studio che potrebbe portare a nuovi dispositivi di memoria per il rilevamento delle immagini e in generale per la costruzione di computer ottici neuromorfici.
Questi chip che imitano le funzioni sinaptiche e cerebrali umane sono controllati optoelettronicamente proprio tramite queste giunzioni fatte di grafene allineato verticalmente e di diamante.
Corrente postsinaptica eccitatoria e transizione da memoria a breve termine a quella lungo termine
Con queste giunzioni si possono imitare, controllando i memristori otticamente, alcune funzioni cerebrali tra cui la corrente postsinaptica eccitatoria (excitatory postsynaptic current, EPSC), la transizione da memoria a breve termine a quella lungo termine e la facilitazione dell’impulso accoppiato (o facilitazione neurale). Queste stesse giunzioni mostrano, inoltre, altre caratteristiche tra cui proprietà fotosensibili e una plasticità sinaptica fotocontrollabile, caratteristiche simili a quelle del cervello umano e della retina.
Come spiegato nell’abstract dello studio, queste stesse giunzioni, in pratica, fanno da “sensori di immagine”, caratteristiche che potrebbero permettere una funzione di memoria ottica e una funzione di memorizzazione selettiva delle informazioni a seconda dell’importanza relativa dei dati.
Il nostro cervello è ben attrezzato per setacciare le informazioni
“Il nostro cervello è ben attrezzato per setacciare le informazioni disponibili e memorizzare ciò che è importante. Abbiamo provato qualcosa di simile con i nostri array di diamanti VG, che emulano il cervello umano quando esposto a stimoli ottici”, spiega Kenji Ueda, uno degli scienziati che ha guidato il team di ricerca. “Questo studio è stato avviato a seguito di una scoperta nel 2016, quando abbiamo riscontrato un grande cambiamento di conduttività indotto otticamente nelle giunzioni grafene-diamante”.
Note e approfondimenti
- Optoelectronic synapses using vertically aligned graphene/diamond heterojunctions – ScienceDirect (IA) (DOI: 10.1016/j.carbon.2021.06.060)