
Tra gli effetti nefasti che una guerra nucleare potrebbe avere sul globo ci sarebbe anche quello relativo all'”innesco” di una nuova e potente versione del fenomeno del Niño con conseguenze senza precedenti sull’oceano Pacifico equatoriale che subirebbe un surriscaldamento il quale porterebbe ad effetti a catena pesanti sui interi ecosistemi.
È quanto racconta un nuovo studio pubblicato su Communications Earth & Environment che dunque contraddice l’idea secondo la quale, dopo una guerra nucleare globale e dopo che l’agricoltura su vaste aree potrebbe essere non più fattibile, potrebbe rivelarsi utile rivolgersi alla pesca per sostituire i prodotti dell’agricoltura mancanti.
Una guerra nucleare, secondo gli studiosi, infatti, procurerebbe dei processi climatici guidati dal fenomeno del Niño praticamente senza precedenti soprattutto per quanto riguarda l’area marina dell’oceano Pacifico equatoriale. Il surriscaldamento che ne conseguirebbe taglierebbe le popolazioni delle alghe del 40% e ciò, a sua volta, ridurrebbe la presenza dei pesci e dunque dei risultati della pesca.
“Nelle nostre simulazioni al computer, vediamo una riduzione del 40% della biomassa di fitoplancton (alghe) nel Pacifico equatoriale, che probabilmente avrebbe effetti a valle sugli organismi marini più grandi che le persone mangiano”, spiega Joshua Coupe, un ricercatore del Dipartimento di Scienze Ambientali della School of Environmental and Biological Sciences della Rutgers University-New Brunswick, l’autore principale dello studio.
Lo studio arriva dopo varie ricerche che avevano mostrato che a seguito di una guerra nucleare globale potrebbe esserci un raffreddamento altrettanto globale che porterebbe all’impraticabilità dell’agricoltura su vaste aree del pianeta. Qualcuno aveva suggerito che, a seguito di eventi del genere, le energie potrebbero essere spese soprattutto nella pesca per il nutrimento delle popolazioni, almeno per quanto riguarda le zone del mondo più colpite dagli effetti nucleari.
Questo studio, dunque, cambia le carte in tavola e mostra uno scenario da incubo anche per quanto riguarda i mari.
I ricercatori hanno preso in considerazione vari scenari “atomici” tra cui quelli relativi ad un possibile conflitto tra Russia e Stati Uniti oppure tra India e Pakistan. I milioni di tonnellate di fuliggine che i bombardamenti produrrebbero andrebbero a riversarsi nell’alta atmosfera e bloccherebbero la luce del Sole, cosa che cambierebbe il clima terrestre.
Tuttavia gli scienziati hanno scoperto che innescherebbe anche un evento molto simile al cosiddetto “Niño” che, secondo i modelli, durerebbe fino a sette anni.
Questo “Niño nucleare” interromperebbe le precipitazioni in vaste aree tra l’oceano Indiano e l’oceano Pacifico ed altri mari circostanti e, soprattutto, interromperebbe la risalita delle acque più profonde e più fredde lungo l’equatore dell’oceano Pacifico.
Ciò produrrebbe uno spostamento verso le zone superficiali marine di importanti nutrienti tra cui il fitoplancton e produrrebbe effetti a catena pesantissimi sugli ecosistemi marini sui pesci.
Approfondimenti
- Nuclear Niño response observed in simulations of nuclear war scenarios | Communications Earth & Environment (IA) (DOI: 10.1038/s43247-020-00088-1)