C’è un mistero che circonda le ossa dei soldati morti durante la battaglia di Waterloo (18 giugno 1815). Nel sito della battaglia, infatti, i resti umani ritrovati sono pochissimi rispetto al numero dei morti che c’è stato nel corso degli scontri. Tra le varie teorie fornite dagli esperti c’è quella relativa alla possibilità che le stesse ossa possano essere state prelevate, macinate e poi usate come fertilizzanti. E, secondo uno studio apparso sul Journal of Conflict Archaeology,[1] questa possibilità non sarebbe per nulla remota.
- Utilizzate memorie e note di persone che visitarono campo di battaglia
- È abbastanza chiaro che i corpi dei morti furono prelevati
- Articoli di giornale che citano uso di ossa come fertilizzanti
- Tracce di cercatori d’ossa devono esistere da qualche parte
- Si dovrebbe realizzare un’indagine geofisica “ambiziosa”
- Note e approfondimenti
Utilizzate memorie e note di persone che visitarono campo di battaglia
I ricercatori hanno fatto ricorso anche a descrizioni, dati e disegni raccolti o realizzati da persone che hanno visitato il campo di battaglia pochi giorni o settimane dopo l’evento. Ad esempio hanno analizzato varie lettere nonché note personali di un mercante scozzese, James Ker, che aveva visitato il campo di battaglia solo pochi giorni dopo. Nelle sue note ci sono anche le descrizioni di uomini che erano morti tra le sue braccia.
È abbastanza chiaro che i corpi dei morti furono prelevati
Tuttavia, come spiega Tony Pollard, professore dell’Università di Glasgow e direttore del Center for Battlefield Archaeology nonché autore dello studio, è improbabile che questo tipo di analisi possa portare alla scoperta della fossa comune dove sono sepolti i resti di più di 13.000 soldati morti durante la battaglia. Secondo Pollard oramai è abbastanza chiaro che i resti dei corpi dei morti furono prelevati dal campo di battaglia. Se così non fosse sarebbe molto sorprendente il fatto che non ci sia alcun tipo di registrazione, neanche una nota affidabile, della realizzazione di una o più fosse comuni che dovevano contenere migliaia di cadaveri.
Articoli di giornale che citano uso di ossa come fertilizzanti
Inoltre, secondo quanto descrive Pollard, ci sono almeno tre articoli di giornali del 1820 che citano l’importazione di ossa di esseri umani prelevati da vari campi di battaglia in Europa e usati come fertilizzanti. Non è una cosa tanto folle: come spiega il professor Pollard, questi resti ossei, una volta ridotti in una “farina”, diventavano una forma di fertilizzante molto efficace. Un mercato del genere, per esempio, esisteva già nell’area delle isole britanniche.
Tracce di cercatori d’ossa devono esistere da qualche parte
Non appena la battaglia si è conclusa non devono essere state poche le persone che si sono riversate sul campo di battaglia per rubare gli effetti personali dei morti, finanche i denti (usati poi per protesi su altre persone). Eventualmente, in seguito, persone che commerciavano ossa affinché potessero essere utilizzate come fertilizzanti sono giunti sul luogo per cercare le fosse o comunque i resti umani onde prelevare le ossa. Secondo il ricercatore la gente del luogo sarebbe stata in grado di indicare a queste persone i luoghi delle fosse comuni e delle sepolture. Qualche traccia che descrive il rapporto tra i cercatori d’ossa e i locali nonché gli stessi ritrovamenti, ad esempio un diario di viaggio, deve essere stata lasciata.
Si dovrebbe realizzare un’indagine geofisica “ambiziosa”
Si tratta di informazioni che rendono abbastanza probabile l’utilizzo delle ossa dei soldati morti a Waterloo come fertilizzante. Tuttavia per averne una conferma si dovrebbe realizzare un’indagine geofisica che Pollard definisce come “ambiziosa”. Lo studio durerebbe diversi anni e richiederebbe un’analisi seria nell’area di Waterloo per tentare di ritrovare resti umani o comunque tracce delle eventuali fosse da cui gli stessi resti sono stati prelevati.
Note e approfondimenti
- Full article: These spots of excavation tell: using early visitor accounts to map the missing graves of waterloo (DOI:/10.1080/15740773.2021.2051895)