
Le cellule dei nostri corpi possono contare su un sistema di allarme alquanto sofisticato, basato sugli inflammasomi, come spiega un nuovo comunicato dell’Università di Bonn.[1] Quando c’è un pericolo, come un’infezione, si formano nelle membrane cellulari tanti pori tramite i quali le proteine ASC possono fuoriuscire per svolgere il ruolo di molecole di allarme. Tuttavia questi buchi alla fine possono portare alla scomparsa della cellula.
Come spiega Bernardo Franklin, ricercatore dell’Istituto di immunità innata presso l’ospedale universitario di Bonn, la cellula in sostanza “esplode” svuotando tutto quello che contiene nei tessuti circostanti. Proprio questa fuoriuscita di sostanze messaggere fa scattare il sistema immunitario che deve combattere l’infezione. La fuoriuscita delle sostanze messaggere tramite le molecole ASC può però formare anche degli accumuli degli stessi tessuti e questi possono resistere per diverso tempo.
Come spiega Franklin, i ricercatori nello studio hanno scoperto come questa attività del sistema immunitario continua a persistere anche quando la minaccia viene scongiurata. Proprio per questo si può arrivare alla infiammazione cronica che, nei casi gravi, può danneggiare in maniera importante il tessuto, come spiega lo stesso Franklin.[1]
I ricercatori hanno prevenuto questi effetti indesiderati nei topi utilizzando dei nanocorpi che agiscono specificamente sulle molecole ASC, come spiega Damien Bertheloot, un collaboratore dello stesso Franklin.
I ricercatori hanno iniettato nel corpo dei topi le proteine ASC di un alpaca, un mammifero camelide sudamericano simile ad un lama. I topi hanno sviluppato gli anticorpi corrispondenti e i ricercatori hanno usato frammenti di questi anticorpi per costruire i “nanocorpi”.
Ciò è avvenuto anche a complesse analisi per ottenere informazioni genetiche necessarie dal sangue degli stessi alpaca e con l’utilizzo di batteri che hanno aiutato gli stessi ricercatori a produrre i nanocorpi in grosse quantità. “Dopo la somministrazione del nanobody, l’infiammazione e anche la salute generale dei roditori sono migliorate in modo significativo”, spiega ancora Bertheloot.[1]