
La quantità di dati proveniente da ricerche scientifiche e nuove scoperte sta diventando davvero abnorme e risulta sempre più essenziale l’integrazione tra questi stessi dati onde poterli sfruttare al meglio.
Su un articolo apparso sul sito dell’Università di Leiden, Olanda, è apparsa una sorta di intervista a Katy Wolstencroft, docente di bioinformatica e informatica della stessa facoltà, abbastanza interessante.
Secondo la ricercatrice, il gran numero di dati disponibili possono essere organizzati oramai solo in maniera limitata dagli umani. Questi ultimi non possono far altro che leggerli e trarne le conclusioni nonché etichettarli fino ad un certo punto. Tuttavia per sfruttare davvero appieno questo ingente quantitativo di dati pubblicati da ricercatori in tutto il mondo si devono combinare i vari set esistenti. Ma eseguire questa operazione, per molti motivi tecnici, non risulta ancora tanto facile.
Secondo la ricercatrice, in ogni caso, risulta essenziale il metodo FAIR (Findable, Accessible, Interoperable and Reusable) con il quale si categorizza non le ricerche risultati prodotti. Tuttavia questo metodo richiede molta sistematicità nella classificazione nella descrizione. Una volta che i dati sono etichettati con metodo FAIR, tuttavia, è possibile utilizzare in maniera molto più agevole computer per identificare nuove connessioni e scoprire nuovi modelli. In questo modo si potrà rispondere ad un numero di domande molto maggiore rispetto a quelle che hanno innescato la stessa ricerca.
A tal proposito la scienziata cita il progetto FAIRDOM, una piattaforma Web in cui vari ricercatori del settore delle biologia dei sistemi condividono i loro dati e modelli matematici, naturalmente con altri ricercatori.
L’intera intervista può essere letta nel link sottostante.